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CONTESTO STORICO E SINTESI EVOLUTIVA

La ferrovia Ostiglia-Treviso metteva in comunicazione diretta il Veneto centrale con il sud dell'Italia mediante l'attraversamento del fiume Po ad Ostiglia. E' proprio qui che il passaggio della grande barriera d'acqua costituita dal corso inferiore del fiume, fu attuato già in antico grazie alla maestria ingegneristica della Roma imperiale con la costruzione di un ponte. Ostiglia, avamposto dell'espansionismo della politica romana e testa di ponte in territorio un tempo celtico, continua ancora oggi, attraverso la costruzione di opere monumentali, ultima il ponte dell'Alta Velocità, quel legame mai interrotto di duemiladuecento anni di storia di attraversamenti stradali e ferroviari, tra le due sponde.

Colonna miliare detta di Rablat, dal luogo del rinvenimento, attestante due dati di grande importanza storica: il primo è il nome di Claudia Augusta, che qui compare per la prima e unica volta, ovvero la grande via tracciata dall'imperatore romano Claudio negli anni del suo principato (41-54 d.C.), il secondo il luogo di partenza dal fiume Po ("a flumine Pado") e quello di arrivo al Danubio ("at flumen Danuvium"). Il riferimento al Po è comunemente fatto ricondurre dagli studiosi all'antico abitato di Hostilia romana.

I primi progetti

Abbandoniamo questa breve divagazione nel passato per ritornare a tempi più moderni. Siamo nel 1887 e l’imprenditore milanese, trapiantato a Treviso, Graziano Appiani, attivo nel campo della produzione di laterizi ed in seguito di piastrelle, caldeggiava l'idea di aprire un collegamento con Ostiglia in modo da favorire il rapido smercio dei suoi prodotti verso il sud della penisola.
Una possibile ferrovia direttissima che collegasse Bologna, importantissimo nodo ferroviario collegato con il centro italia, e il Confine Orientale della nostra penisola aveva riscosso grande interesse anche negli ambienti militari del Paese, i quali vedevano in essa una linea di comunicazione e di arroccamento attraverso cui far affluire rapidamente uomini e materiali in caso di conflitto con l'impero d'Austria. Una prima ipotesi sul tracciato della nuova ferrovia strategica prevedeva l'allacciamento ad Ostiglia, stazione posta sulla sponda sinistra del Po nella costruenda linea Bologna - Verona, e il proseguimento verso i centri di Melara, Bergantino, Castelnovo Bariano, Massa Superiore (Castelmassa), Trecenta, Badia Polesine, Piacenza D'Adige, Este, Lozzo Atestino, Vò, Bastia, Cervarese Santa Croce, Poiana di Granfion (ovvero Grisignano di Zocco) e da qui per Camposanpiero e Treviso sullo stesso tracciato del progetto definitivo che verrà realizzato per l'Ostiglia - Treviso.
Tuttavia in quel periodo l'Italia, avendo aderito alla triplice alleanza con Austria e Germania, non aveva interesse a turbare gli idilliaci rapporti di allora con i potenti vicini, preferendo così dare attuazione al progetto di raddoppiamento della linea Padova-Bologna che sembrava rispondere meglio alle esigenze di viabilità di quel momento.

Leone Wollemborg (04/03/1859 - 19/08/1932)
Gian Giacomo Félissent (25/11/1857 - 22/05/1912) in un ritratto di Giovanni Apollonio
Giberto Arrivabene (24/11/1872 - 30/08/1933)

A riportarla alla ribalta furono alcuni parlamentari eletti nel Veneto, tra cui Leone Wollemborg, un padovano di origine ebraica eletto nel collegio di Cittadella-Camposampiero, ed il conte Giangiacomo de Félissent eletto nel collegio di Treviso, già capitano di cavalleria e ufficiale d'ordinanza del noto generale Pianell, attivissimo nel campo dei trasporti pubblici, fondatore di una società di tramvie (che però non ebbe fortuna), nonchè sindaco di Treviso, città terminale della futura ferrovia. Nella tornata parlamentare a giugno del 1908, essi evidenziarono non solo i vantaggi strategici militari, ma anche economici e commerciali che la ferrovia avrebbe portato per lo sviluppo dei territori attraversati, genericamente agricoli ed economicamente arretrati. I discorsi pronunciati da Wollemborg e Félissent ottennero grande risonanza nella Camera, soprattutto dai membri Stato Maggiore dell'Esercito, che già da tempo, presso i loro uffici, avevo in progetto la nuova linea direttissima Bologna - Confine Orientale. Wollemborg espose i concetti in maniera esemplare, proponendo, sotto indicazione di alcuni strateghi, un tracciato più diretto che si avvicinò molto più a quello definitivo, e cioè che la nuova linea, partendo da Ostiglia, proseguisse per Legnago - Montagnana - Camposanpiero e quindi Treviso.
La realizzazione della ferrovia, però, avrà tempi lunghi, nonostante che nel 1908 il Resto del Carlino annunciasse come imminente l'inizio dei lavori. Nonostante i parlamentari veneti si batterono strenuamente l'emendamento Wollemborg quell'anno non fu approvato dal Ministero che sosteneva di avere altre urgenti priorità.
In seguito nacque un acceso dibattito fra le province e i comuni interessati dal passaggio della nuova linea ferroviaria, ognuno dei quali, per i propri interessi, proponeva tracciati e soluzioni diverse, che contribuirono non di poco a far ritardare la compilazione del progetto preliminare.

Cartina corografica del territorio attraversato dalla ferrovia Ostiglia-Treviso, con il tracciato definitivo (linea tratteggiata rossa) e quello proposto per Montagnana (linea continua rossa). Si nota anche, in tratteggio diverso, il tracciato passante per Padova - Noale.

Premesso che la linea dovesse prendere avvio da Ostiglia in provincia di Mantova e avere il suo termine a Treviso, l'acceso dibattito che ora si aprì circa il percorso intermedio da scegliere dove far passare la futura ferrovia, riguardò sostanzialmente le province di Vicenza, Verona e Padova. La provincia di Vicenza sosteneva che se la linea fosse passata per Montagnana, percorrendo il tratto in comune da Legnago con la Mantova - Monselice, il costo complessivo dell'opera sarebbe stato inferiore, visto il percorso più breve e la minor quantità di manufatti da costruire, nonchè dei terreni più stabili e non soggetti ad inondazioni e una maggior popolazione coinvolta nel trasporto commerciale. In realtà le considerazioni tecniche preliminari della provincia di Vicenza risultarono del tutto contraddittorie, errate e prive di fondamento. Le motivazioni sembrarono essere altre: erano in corso i lavori di costruzione della nuova tranvia Vicenza - Noventa Vicentina - Montagnana, il cui tracciato secondo la provincia, creava una rete commerciale fra determinati paesi che la nuova arteria, comunicante con il veronese, avrebbe alterato. Non era giustificata per tanto la costruzione di una nuova ferrovia se non sul tracciato che da Montagnana proseguiva per Poiana seguendo i colli euganei.
Anche Padova era interessata all'itinerario per Montagnana, ma proponeva addirittura che la linea anzichè passare per Poiana di Granfion, fosse deviata vicino al centro della città e proseguisse per Treviso passando per Noale.
La proposta della provincia di Verona prevedeva invece il passaggio della nuova ferrovia per Cologna Veneta, importante centro della bassa veronese, all'epoca scoperto da collegamenti ferroviari (ma dotato solo della tranvia per Lonigo). Il conte Giberto Arrivabene Valenti Gonzaga, discendente della nobile famiglia mantovana, già militare di carriera nella regia marina e parlamentare (eletto nel collegio di Cologna Veneta nel 1909 e nel 1913), si batté affinché in tale percorso fosse inclusa anche Cologna Veneta e grazie ai suoi legami di partito riuscì nell'intento. I poteri della nobiltà sembra che abbiano influenzato quasi sicuramente la scelta del nuovo tracciato per Cologna, visto che la coniuge di Arrivabene, la contessa Clotilde Papadopoli Aldobrandini, risultava l'intestataria di molti terreni proprio dove venne costruita la nuova linea e la stazione a Cologna Veneta, il cui nome compare proprio negli espropri eseguiti per la realizzazione della nuova ferrovia. Ancora oggi il piazzale antistante l’ex stazione porta il nome di Arrivabene ed una targa in marmo gli riconosce il merito di aver dotato il centro di Cologna di un proprio scalo ferroviario.

Nel frattempo alle rivendicazioni di Vicenza, Verona e Padova si aggiunge anche Udine, che chiede addirittura un prolungamento della linea.
A Piazzola sul Brenta il duca Paolo Camerini, ricco industriale e proprietario all'epoca della villa Contarini, propose addirittura che la nuova ferrovia passasse nei terreni di sua proprietà quasi a sfiorare la famosa villa settecentesca. Poi però valse la ragione del gusto estetico e artistico cosicché i binari furono posati a una distanza di rispetto per quella dimora patrizia.
I dibattiti e le polemiche che continuavano fra le province e i comuni veneti poco importavano allo Stato Maggiore dell'Esercito che premeva sempre più le autorità di governo a realizzare l'opera cosicché nel 1911 la direzione delle ferrovie, da poco ente di Stato, fu autorizzata ad eseguire lo studio definitivo per il progetto della linea Ostiglia - Treviso. Nel 1914 il Governo dichiarò che la ferrovia avrebbe assunto uno scopo prioritariamente militare e commerciale solo in subordine. Ne conseguì un tracciato assolutamente indipendente rispetto alle altre linee ferroviarie e ai capoluoghi di provincia veneti, in modo che non venisse mai a interrompersi il suo esercizio qualora, in caso di conflitto, avesse subito dei danneggiamenti in caso di attacco nemico. Nel giro di pochi mesi una società romana rappresentata dall'ingegner Carlo Enrietti di Roma, presentò al Ministero dei Lavori Pubblici il progetto definitivo dell'opera.

Stralcio del progetto di costruzione della ferrovia Ostiglia - Treviso nel vicentino. Da notare la suddivisione in tronchi (tronco A: Ostiglia-Legnago; tronco B: Legnago-Cologna Veneta; tronco C: Cologna Veneta-Poiana di Granfion; tronco D: Poiana di Granfion-Camposanpiero; tronco E: Camposanpiero-Treviso) e la previsione del cavalcavia sulla Milano - Venzia a Poiana di Granfion con i raccordi fra le due linee.

Il progetto prevede che la nuova arteria, distaccandosi dall'estremo verso Verona della stazione di Ostiglia sulla ferrovia Bologna - Verona, volge con un unico rettilineo verso Legnago e si innesta in questa stazione al suo lato verso Mantova; ne esce dal lato opposto, e piegando a sinistra attraversa il fiume Adige con un ponte in ferro a tre luci, adiacente e indipendente a quello già esistente sulla linea Legnago - Monselice. In questo primo tratto verranno costruite le due stazioni di Casaleone e Aselogna. Attraversato l'Adige, la nuova linea piega ancora a sinistra e con un andamento quasi rettilineo si dirige a Minerbe e Cologna, dove pure sono progettate due stazioni. Oltre Cologna la ferrovia passa il fiume Guà mediante un ponte in ferro e due sottopassi laterali, e con lunghi rettifili, intercalati da ampie curve, tocca gli abitati di Orgiano, Sossano, Villaga Barbarano e Villaganzerla, per i quali anche vengono predisposte altrettante stazioni. La linea attraversa il fiume Bacchiglione con un ponte in ferro di 50 metri di luce e 6 archi laterali da 8 metri di luce ciascuno, e dopo circa sei chilometri incontra quasi ad angolo retto e sovrappassa con un cavalcavia in muratura a 4 luci la ferrovia Milano - Venezia, alla quale si innesta con raccordi nei due sensi nella stazione di Poiana di Granfion. Volge quindi con ampia curva a destra, e toccando Camisano e Piazzola, pure servite da apposite stazioni, raggiunge ed attraversa il fiume Brenta mediante un ponte in ferro a tre luci di 35 metri di luce ciascuna, per dirigersi con andamento quasi rettilineo a Camposanpiero. Su questo percorso verrà impiantata la stazione di Arsego. L'innesto in stazione di Camposanpiero sulla linea Padova - Montebelluna avviene dal lato verso Padova; uscendo dal lato opposto, la nuova ferrovia volge a destra e, con andamento quasi rettilineo, raggiunge la stazione di Treviso Porta Cavour, nella quale si innesta alla linea esistente e la segue parallelamente a destra sino a raggiungere la stazione di Treviso Centrale dove ha termine. Nel percorso da Camposanpiero a Treviso Porta Cavour si attraversa superiormente la ferrovia Mestre - Bassano con un sottovia in ferro e sono previste tre stazioni per Piombine Dese, Levada-Badoere e Quinto di Treviso. Oltre alcuni corsi d'acqua di minore importanza, si attraversa in questo tratto per ben due volte il fiume Sile con due ponti, uno in ferro di luce m.35 e l'altro a tre archi di luce m.9 ciascuno. La progettata nuova ferrovia ha una lunghezza totale di km 114.

Il progetto di Carlo Enrietti propone in sostanza lo sviluppo futuro che avrà la nuova linea ferroviaria, seppur con alcune modifiche alla tipologia dei manufatti impiegati. Una modifica degna di nota, apportata in corso d'opera (probabilmente per motivi economici), fu il passaggio della linea per Campodoro anzichè per Camisano Vicentino. Il progetto iniziale infatti prevedeva a Poiana di Granfion e in procuzione verso Camisano lo scavalcamento della linea Milano - Venezia con un cavalcavia e il suo allacciamento mediante due raccordi (proprio per avere l'indipendenza voluta. La Ostiglia - Treviso venne invece innestata normalmente alla Milano - Venezia nello scalo di Poiana di Granfion, dal lato di Vicenza, senza alcuna opera di sovrappasso. Lo scalo e la stazione vennero ricostruiti e ampliati in posizione più arretrata verso Vicenza rispetto alla vecchia stazioncina che fu abbattuta, per consentire, lato Venezia, cioè quello sinistro (nord), l'uscita della nuova ferrovia in direzione di Treviso. Al posto del centro abitato di Camisano la nuova linea proseguì quindi verso quello di Campodoro.

L'autorizzazione del Ministero e l'inizio dei lavori

Nel 1915 la Ostiglia - Treviso figurava fra le opere venete di primaria importanza. Il progetto fu sospeso con l'intervento dell'Italia nella prima guerra mondiale (ma non a fianco degli alleati di prima), ma poco dopo la fine della stessa, fu messo mano ai lavori che iniziarono subito nel 1919. Finalmente il Ministero dei Lavori Pubblici concesse, con il Regio Decreto N°1358 dell'8 Luglio del 1919, la costruzione della ferrovia. Il decreto-legge prevedeva lo stanziamento di Lire 51.000.000 per la costruzione dei primi due tronchi fra Ostiglia - Legnago e Legnago - Poiana di Granfion.

Decreto - legge N°1358 dell'8 Luglio 1919 che autorizza la costruzione della ferrovia Ostiglia - Treviso.
Raccolta Ufficiale delle Leggi e dei Decreti del Regno d'Italia. Anno 1919.

Lungo il futuro tracciato della Ostiglia - Treviso iniziarono gli espropri dei terreni per causa di pubblica utilità. La larghezza dei terreni espropriati e le opere in muratura di una certa entità, come i ponti più importanti o la disposizione dei marciapiedi nelle stazioni, vennero tutti progettati e realizzati, con grande previdenza circa i futuri sviluppi ferroviari, rimasti ahimé solo sulla carta, per una linea con caratteristiche di grande traffico a due binari, di cui uno non sarà mai posato.

Per la costruzione del rilevato ferroviario si aprirono delle cave di prestito laterali, molto estese e poco profonde, in modo da alterare meno possibile l'equilibrio idrogeologico dei terreni attraversati dalla nuova linea ferroviaria. Centinaia di operai "sterratori", con il solo ausilio di badili e cariole di legno eregevano il terrapieno ferroviario fino alla quota di progetto. Per la costruzione della massicciata si fece particolarmente uso della ghiaia di fiume estratta nelle cave dell'Adige e del Brenta, quest'ultimo fornito dal cantiere in località Carturo attraverso la ferrovia F.P.P. (ferrovia Padova-Piazzola-Carmignano). Il pietrisco trachitico di Monselice venne utilizzato solo nel tratto Ostiglia - Legnago. Le ricche cave esistenti nelle aree berica ed euganea vennero inoltre sfruttate per ricavare la pietra bianca e trachitica per la costruzione di alcune parti della muratura dei ponti.

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Il nuovo ponte sull'Adige in costruzione a Legnago per la ferrovia Ostiglia - Treviso. Per gentile concessione del Museo archivistico Fioroni di Legnago.
Altre immagini del nuovo ponte sull'Adige affiancato a quello della linea per Monselice e altre foto dei nuovi ponti dell'Ostiglia.Nuove Cotruzioni Ferroviarie dal libro La ferrovia Padova-Piazzola-Carmignano. Mario Santinello 1980.

Il cantiere venne aperto inizialmente da Legnago a Poiana di Granfion, concentrando maggiormente i lavori sul primo tratto che giungerà a compimento, fra Legnago e Cologna - Veneta. Fra le realizzazioni più importanti in questo questo tratto (e di tutta la linea) è senz'altro l'imponente ponte sul fiume Adige, realizzato a tre luci e con un'unica travata di ferro di 210 metri di lunghezza (scheda tecnica ponti). Degni di nota anche i lavori per la costruzione del ponte sul fiume Fratta, realizzato con una travata in ferro di luce retta m.29, e il rilevato della linea, tutto in rialzo di una decina di metri dal piano di campagna, fra i fiumi Fratta e Guà, dove verrà edificata la stazione di Cologna Veneta.
Nel 1923 il sindaco di Cologna Veneta, cav. Felice Bressan, si era lamentato in toni aspri del ritardo con cui stavano procedendo i lavori, accusando apertamente di ciò la Direzione lavori di Padova.

L'apertura del primo tronco fra Legnago e Cologna Veneta

I lavori nel primo tronco terminarono nella primavera del 1925, dopo sei anni dall'apertura del cantiere. Dopo i collaudi dei ponti e della linea, ed effettuata la visita di ricognizione da parte dei tecnici delle ferrovie, viene autorizzata, con Decreto Ministeriale dell'8 Aprile 1925 firmato dal Ministro delle Comunicazioni Ciano, l'apertura all'esercizio pubblico del tronco Legnago - Cologna Veneta in data 19 Aprile 1925.
I quotidiani dell'epoca riportano vistosi articoli dedicati alla nuova ferrovia. La domenica mattina del 19 Aprile 1925 una splendida giornata di sole accoglie la solenne inaugurazione del tronco Legnago - Cologna Veneta. La cerimonia iniziò alle ore 10 alla stazione di Legnago. Il treno inaugurale attendeva la partenza tutto imbandierato del tricolore e con la locomotiva vistosamente decorata. Larghe rappresentanze della Milizia fascista e di varie associazioni patrottiche e civili erano presenti all'evento, nonchè il sindaco di Legnago, accompagnato da vari assessori e consiglieri che accoglievano le autorità con un banchetto allestito dentro la stazione. Il sindaco pronunciava l'alto e applaudito discorso a fianco della locomotiva. Dopo la benedizione e il lancio della tradizionale bottiglia di spumante contro le ruote della macchina, accompagnati dalla Marcia Reale suonata dalla banda di Lengnago, il treno e i viaggiatori si preparano alla partenza. Sul treno prendono posto anche gli ingengneri che hanno contribuito alla costruzione della linea e cioè l'ing. comm. Eugenio Hornbostel e gli ing. Della Penna, Di Napoli, Fusco, Fantuccione. In rappresentanza delle FS e dei Ministeri interessati il comm. Mazier, capo compartimento di Bologna che rappresenta il Ministro Ciano e il Direttore delle Ferrovie comm. Oddone, e l'ispettore generale delle costruzioni ferroviarie Alleman in rappresentanza del Ministro Giuriati. Il treno si mette lentamente in marcia fra gli applausi della folla e attraversa la cittadina di Legnago dove anche le case adiacenti alla ferrovia sono imbandierate. Una folla attende il passaggio del treno all'imbocco del ponte sull'Adige. Anche alla stazione di Minerbe una folla di gente e autorità cittadine attendono il treno inaugurale che esegue una sosta. Vengono anche qui pronunciati discorsi patriottici e di buon auspicio per la nazione. Il treno riparte per Cologna Veneta dove lo attenderà una folla ancora più imponente e notevoli autorità di Verona come il prefetto Frigerio, il Senatore Dorigo, i deputati Granelli, il sindaco di Verona Raffaldi e non poteva mancare la figura del deputato Giberto Arrivabene, uno dei principali promotori dell'opera. Lungo il marciapiede sono schierate le rappresentanze dei fasci, con i loro gagliardetti neri, e i sindaci di quasi tutti i comuni più importanti della bassa veronese. Anche qui vengono pronunciati numerosi discorsi dalle autorità e dai sindaci e la benedizione del prete. Alle ore 12 il banchetto di festeggiamento in centro a Cologna Veneta.

Mentre i primi treni sbuffavano sul nuovo tronco ferroviario appena costruito e i paesi di Minerbe e Cologna Veneta godevano finalmente del primo rapido collegamento con la rete nazionale delle Ferrovie dello Stato, i lavori proseguivano in direzione di Poiana di Granfion. Contemporaneamente si era aperto anche un altro importante cantiere, quello sul tronco Ostiglia - Legnago, che necessitò di accurate perizie e soluzioni tecniche nella costruzione dei ponti e del rilevato ferroviario, a causa di un terreno molto instabile, un tempo paludoso, che creò non pochi problemi all’impianto di una nuova sede ferroviaria.

Il proseguimento fino a Poiana di Granfion

Nell'estate del 1928 anche il tronco ferroviario verso Poiana di Granfion era ormai terminato. Le realizzazioni più importanti in questo questo tratto sono i diversi ponti in ferro costruiti per il superamento di canali, rogge e fiumi; i più importanti il ponte sul fiume Guà a Cologna Veneta, con travata obliqua in ferro a pareti reticolari di luce retta m.38 e due sottopassi laterali a travi gemelle, e il ponte sul fiume Bacchiglione, costruito con una travata in ferro a maglie triangolari lunga 50 metri e 6 luci in muratura laterali di 8 m. ciascuna.
Eseguiti i collaudi dei ponti, ed effettuata la visita di ricognizione da parte dei tecnici delle ferrovie, viene autorizzata, con Decreto Ministeriale dell'7 Luglio 1928 firmato dal Ministro delle Comunicazioni Ciano, l'apertura all'esercizio pubblico del tronco Cologna Veneta - Poiana di Granfion a partire dall'8 Luglio 1928.
Domenica mattina dell'8 Luglio del 1928 è pronto a partire dalla stazione di Poiana di Granfion, sulla linea Milano - Venezia, il treno inaugurale per Cologna Veneta. Il treno effettua delle fermate su tutte le stazioni, addobbate di fiori e bandiere, dove lo accolgono numerose le autorità e i sindaci. La popolazione è numerossisima e festeggia, nelle stazioni e in diversi punti lungo la linea, il passaggio del primo treno della loro storia. Vengono così collegati, alla rete nazionale delle Ferrovie dello Stato, diversi paesi del basso vicentino fra cui Orgiano, Sossano, Barbarano - Villaga e Villaganzerla, dotati di nuove stazioni con scali merci; San Sebastiano - Asigliano, Nanto e Colzè saranno invece dotati di fermate in corrispondenza delle case cantoniere lungo la linea (istituite nel dopoguerra).

Il tronco Ostiglia - Legnago

I lavori di costruzione del tronco Ostiglia - Legnago giunsero al termine all'inizio degli anni trenta, solo dopo un periodo di attesa reso necessario dall'assestamento del terrapieno in un tratto di linea che rivelò un inaspettato squilibrio geologico del sottosuolo. Ciò comportò, oltre al ritardo, dei particolari interventi di consolidamento della massicciata e relativi collaudi effettuati con dei treni prova, cosa che naturalmente finì per incrementare il costo complessivo dell'intera opera. Superate anche tali vicissitudini, finalmente anche questo tratto venne aperto al regolare traffico di passeggeri e merci il 28 Ottobre 1934. La sua inaugurazione avvenne in sordina, senza alcuna manifestazione delle pubbliche autorità, ma a questo punto la linea assumeva quell'importanza strategica militare inizialmente auspicata, in quanto si era completata la prima parte del progetto che, essendo ormai collegata Ostiglia con Poiana di Granfion (poi Grisignano di Zocco), metteva in comunicazione diretta il sud (da Bologna) con l'importante asse trasversale padano est-ovest (Venezia-Milano). Tuttavia occorreranno altri sette anni per ultimare l’intera linea ferroviaria fino a Treviso.

ponte sulla Fossetta Mantovanavai alla scheda dell'immagine ponte sul Tartarovai alla scheda dell'immagine
Ponte obliquo sulla Fossetta Mantovana di luce retta m. 44. Rivista tecnica delle Ferrovie dello Stato. Maggio 1935.
Ponte obliquo sul fiume Tartaro di luce retta m. 24. Rivista tecnica delle Ferrovie dello Stato. Maggio 1935.

Fra le realizzazioni più importanti nel tronco Ostiglia - Legnago vi sono la costruzione di numerossimi ponti e ponticelli per lo scolo delle acque, quasi un centinaio in soli 19 chilometri e tutti realizzati a regola d'arte, che cotituiscono nel loro insieme una mirabile sistemazione idrogeologica dei territori attraversati dalla ferrovia nelle Valli Grandi Veronesi. I ponti in ferro più di rilievo sono quello sul canale Fossetta (Canal Bianco), travata obliqua a maglie triangolari di luce retta m. 44, e quello sul fiume Tartaro, travata obliqua di luce retta m. 24., entrambi provvisti di sottopassi in muratura laterali. Due nuove stazioni intermedie dotate di scalo merci vengono realizzate lungo il nuovo tronco, per servire i centri abitati di Casaleone e Aselogna. Anche le stazioni capotronco di Ostiglia e Legnago furono interessate da importanti ampliamenti e ammodernamenti degli impianti: nuovi binari di ricevimento per l'innesto del nuovo tratto, nuovi impianti di trazione con rimesse locomotive, piattaforme girevoli, rifornitori di acqua e carbone, dormitori per il personale.

Il completamento della linea fino a Treviso

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Costruzione dell'imponente rilevato e del ponte sul fiume Sile, in località Santa Cristina, vicino a Quinto di Treviso. Foto scattata in direzione di Treviso.
Costruzione del rilavato a Pieve di Curtarolo. Linea verso il fiume Brenta in direzione di Ostiglia.

Al 1920 risalgono gli espropri dei terreni per la realizzazione del tronco ferroviario rimanente fra Poiana di Granfion e Treviso. Il Regio Decreto Legge del 3 Aprile 1921 autorizza la spesa di Lire 115.000.000 per l'esecuzione di urgenti opere pubbliche, anche se i lavori di costruzione si concentreranno maggiormente negli anni '30, quando la linea fra Ostiglia e Poiana di Granfion era già compiuta. Fra le realizzazioni più importanti del tronco fra Poiana (ormai Grisignano) e Treviso sono senz'altro: il ponte sul fiume Ceresone a Poiana di Granfion, costruito con una travata in ferro obliqua di luce retta m. 14,80; i 3 ponti in muratura nella zona golenale destra del fiume Brenta, il primo a 7 archi di 8 metri di luce ciascuno, il secondo a 6 luci di 6 metri ciascuna e il terzo a 5 luci di metri 6 ciascuna; il ponte sul fiume Brenta lungo 114 metri, l'opera di maggior rilievo, costruito con tre travate metalliche da 38 metri di lunghezza ciascuna; il ponte sul Musone dei Sassi a Loreggia (Camposanpiero) realizzato con una travata in ferro obliqua di luce retta m. 21,87; e i ponti sul fiume Sile, che viene attraversato per ben due volte, in località S.Cristina (Treviso), un ponte in ferro da 35 metri, e a Treviso con un ponte in cemento armato a 3 luci, di m. 11,30 quella centrale e m. 9,50 quelle laterali. Degni di nota anche altri ponti in ferro, realizzati con struttura a travi gemelle, sulla Roggia Riazzo, sul fiume Marzenego, sul fiume Dese e sul fiume Zero nonchè i sottovia sulle strade statali "del Santo" Padova-Castelfranco, "Castellana" Mestre - Castelfranco e sulla ferrovia Mestre - Castelfranco. Nuove stazioni dotate di magazzini e scali merci vengono costruite nei centri abitati di: Piazzola sul Brenta - Campo San Martino, Arsego, Ronchi di Piombino Dese, Badoere - Levada e Quinto di Treviso. Altre stazioni minori prive di scalo vennero costruite nei paesi di Campodoro, Loreggia e Trebaseleghe. Importanti lavori riguardarono anche la stazione di Camposanpiero che venne completamente ricostruita (in posizione leggermente più arretrata verso Padova) con un importante ampliamento dello scalo merci, per ospitare i binari della nuova linea in costruzione. Anche nelle stazioni di Treviso Santi Quaranta e Treviso Centrale vennero effettuati diversi lavori di ampliamento per la nuova arteria militare. Da segnalare che i fabbricati viaggiatori delle stazioni di Levada-Badoere e Ronchi di Piombino (nei pressi di Piombino Dese) e delle fermate di Loreggia e Trebaseleghe, curiosamente non furono mai raggiunti dalle strade che li avrebbero collegati ai rispettivi centri abitati, in quanto i comuni interessati (ai quali competeva l'onere della loro relizzazione) non ebbero modo e tempo di provvedere. Vista l'urgenza di completare i lavori il tratto finale della linea venne in parte costruito utilizzando l'armamento di altre ferrovie venete già esercitate con il doppio binario e che furono allo scopo disarmate (Montebelluna - Susegana).
Il 22 Ottobre 1941, con l'Italia ormai direttamente coinvolta nel conflitto mondiale, il Ministro delle Comunicazioni Host Venturi, firma il Decreto Ministeriale per l'apertura del tratto terminale della linea tra Grisignano di Zocco e Treviso; pochi giorni dopo viene inaugurata e aperta al pubblico esercizio.
Il 28 Ottobre 1941 il Sottosegretario dei Lavori Pubblici e il Direttore generale delle comunicazioni ferroviarie inaugurano il nuovo tronco ferroviario, a bordo di un treno speciale in partenza per Treviso dalla nuova stazione di Grisignano di Zocco. Numerose autorità partecipano all'evento fra cui dei funzionari delle Ferrovie dello Stato, il Prefetto di Padova, la Provincia di Vicenza, i Podestà di Treviso e di Vicenza, le Organizzazioni del Partito e numerose scolaresche dei paesi limitrofi, oltre alla Milizia ferroviaria di Vicenza. Il treno ferma in tutte le stazioni della nuova linea dove è accolto dalla popolazione, dalle scolaresche e dalle autorità locali. Dopo più di 20 anni dall'inizio della sua costruzione la ferrovia è finalmente completata e in esercizio nel suo totale percorso.

La seconda guerra mondiale

L'Ostiglia-Treviso, nel breve periodo della sua esistenza nell'intero percorso, funzionò necessariamente, dati i tempi, più da infrastruttura bellica per il trasporto di materiale e truppe che come mezzo per uso civile. A soli 2 anni dal completamento dell'intera tratta gli effetti della guerra cominciarono a sentirsi anche in Italia. Dopo l'8 Settembre del '43 i tedeschi occuparono diverse stazioni della linea per sovraintedere la gestione del traffico ferroviario. Le corse dei treni passeggeri, secondo l'orario deli dicembre 1943 vennero ridotte al minimo, limitate solo alla mattina presto e alla sera. Le testimonianze attestano che nel corso della guerra il traffico ferroviario merci sulla linea era particolarmente intenso, tanto da mettere in difficoltà il personale delle stazioni impegnato nell’effettuazione di numerosi “incroci dei treni in circolazione soprattutto di notte. Sempre grazie alle testimonianze si ricorda inoltre che in questo periodo, l’Ostiglia era frequentata da numerosi convogli carichi di deportati. Probabilmente la linea era preferita dai nazisti per l’effettuazione di questi treni proprio per il suo particolare tracciato orientato verso il confine nordorientale, discosto da grossi centri abitati in modo da tenere meno appariscente quell'ignobile traffico di esseri umani.

carta ad uso piloti carta ad uso piloti carta di PadovaA sinitra due mappe del Veneto occidentale ad uso dei piloti dell'aviazione militare alleata. A sud-est sono ben visibili i tracciati delle ferrovie da Ostiglia per Piazzola sul Brenta e da Vicenza a Noventa Vicentina. Nella mappa di destra l'Ostiglia è fatta arrivare fino a Piazzola.
A destra una carta stradale incentrata su Padova utilizzata dall'esercito USA. Qui la linea da Ostiglia, fatta proseguire per Treviso, è correttamente rilevata a nord di Padova.




A partire dal 1944 l’esercito alleato dette inizio ad un'operazione denominata “strangle“ (strangolamento) mirante a distruggere qualsiasi mezzo di trasporto del nemico e ad interrompere sistematicamente tutte le vie di comunicazione della pianura padana e dei passi alpini, in modo da impedire all'esercito tedesco di fare affluire i rifornimenti verso il proprio fronte appenninico. I bombardamenti vennero concentrati nei principali nodi stradali e ferroviari, ma soprattutto su ponti e stazioni, allo scopo di paralizzare il più possibile la circolazione dei mezzi. Pur essendo un obiettivo secondario, rispetto alle più importanti vie di comunicazione e aree industriali del Nord Italia, anche la ferrovia dell'Ostiglia, nel biennio 1944-1945, non potè sfuggire ai pesanti bombardamenti da parte dell'aviazione alleata in tutti i suoi punti chiave. Sopra di essa operarono i piloti dell'aviazione USA che tra l'altro schierava anche piloti brasiliani, la cui nazione dichiarò guerra alle forze dell'Asse nell'ultimo periodo del conflitto.
I bombardamenti su Legnago, iniziati nell'estate del '44, proseguirono quasi ininterrottamente fino alla fine della guerra, essendo i ponti sul fiume Adige obiettivi strategici da colpire pesantemente. A luglio fu colpito il ponte della linea per Monselice e a settembre quello dell'Ostiglia. I tedeschi tentarono sempre di tenere aperto il traffico ferroviario sull'Adige mediante un ponte provvisorio gettato sopra i piloni dell'Ostiglia sul lato previsto per il raddoppio della linea.

Anche il tronco Ostiglia - Legnago subì diversi attacchi aerei, probabilmente come ripiego di altri obiettivi più importanti. Alcune bombe caddero vicinissime al ponte in ferro sulla Fossetta, senza però centrarlo. Fu danneggiato lo scalo di Aselogna, probabilmente nel tentativo di colpire dei convogli in sosta; la stazione riporto alcuni danni.
Sempre all'estate del '44 risalgono i primi tentativi di colpire l'importante ponte sul Po ad Ostiglia. Il 26 luglio 23 velivoli B-25 Mitchell del 340° gruppo arrivarono sopra Ostiglia e riuscirono a piazzare molte delle 92 bombe che trasportavano, tutte da 1000 libbre, nell'area prescelta come obiettivo (pattern). La fotoricognizione attestò che tutte e 24 le bombe sganciate dalla 487ª squadriglia caddero nel pattern, mentre la 486° fece registrare risultati meno buoni, e la 482ª, pur sganciando al 70% nel pattern, non riuscì a centrare l'obiettivo. Il ponte fu interrotto in ottobre anche nella parte ferroviaria (due travate in prossimità della sponda occidentale) e per i piloti "finì una specie di ossessione" come è riferito nel diario di guerra del Gruppo da bombardamento.

Verso la fine del 1944 e l’inizio del 1945 i bombardamenti si intensificarono sempre di più con l'avvicinarsi del fronte verso nord. A partire da Settembre del '44 anche il ponte ferroviario sul Brenta a Piazzola divenne un obiettivo militare dell'aviazione USA. I bombardieri medi B-25 Mitchell, tentarono ripetutamente di centrare il ponte dell'Ostiglia il 22, il 23 e il 26 settembre e ancora il 31 ottobre, il 4, il 7 e l'11 novembre e di nuovo il 31 dicembre, finchè il ponte non venne distrutto completamente. Gravemente danneggiati anche i binari della stazione e il cavalcavia della ferrovia F.P.P. Padova-Piazzola-Carmignano. Alla stazione ferroviaria di Piazzola rimasero così bloccati diversi carri merci che vennero inevitabilmente presi di mira e così la stazione che fu rasa al suolo.
Il 26 dicembre 1944 8 cacciabombardieri della 64ª squadriglia, 57° Gruppo USAAF, causarono la distruzione della stazione ferroviaria di Barbarano e alcuni carri in sosta. Andrà completamente distrutta anche la stazione di Orgiano.
L'8 Febbraio 1945 toccò al ponte sul Sile in località Santa Cristina. Distrutto anche il ponte sul canale Musone dei Sassi.
Agli alleati non era certo sfuggito che a Grisignano di Zocco bastava portare un solo attacco dall'aria per mettere fuori uso entrambe le linee ferroviarie lungo le due direttrici Milano – Venezia e Treviso – Ostiglia. Il 17 Febbraio 1945 dei P-47 del 65° Squadron – 57° Gruppo Caccia USAAF – sganciarono 16 bombe da 500 libbre GP che distrussero 2 carri e danneggiarono i binari in quattro punti diversi dello scalo.
All'inizio del '45 la linea, spezzata in tanti piccoli tronchi, era ormai completamente inservibile. I ponti sui fiumi principali distrutti. Alcune testimonianze attestano la presenza di convogli merci fermi alla stazione di Ronchi di Piombino Dese, dove era installata anche una postazione della contraerea tedesca. Ciò bastò a intensificare le incursioni aeree anche su questo piccolo scalo: decine di bombe cadddero lungo la linea, il magazzino merci fu completamente distrutto e la stazione gravemente danneggiata. Stessa sorte anche per la stazione di Arsego. La stazione di Treviso, nel corso del tragico bombardamento del 7 aprile 1944 (venerdì santo), venne distrutta completamente assieme a buona parte del centro storico, provocando ben 1000 morti tutti civili.
La linea fu anche oggetto di diversi sabotaggi da parte dei partigiani locali. Sul finire del conflitto i tedeschi in ritirata cercarono di renderla inservibile del tutto, mettendo fuori uso ponti e attrezzature superstiti. Tra l'altro, incendiarono alcune apparecchiature della stazione di Cologna Veneta e tentarono di far saltare in aria il ponte sul fiume Bacchiglione, causando però solo lievi danni alla struttura che, causa la mancanza di esplosivo non adeguato per un'operra metallica di quel genere, si spostò solamente dai rulli.
Il sacrificio a Legnago si compirà il 23 aprile 1945, a soli due giorni dalla fine della guerra, quando sulla cittadina si accaniranno, e questa volta per davvero, i bombardieri pesanti americani, nel quadro di un'ultima, impressionante, offensiva aerea alleata che coinvolgerà e sconvolgerà contemporaneamente tutti i principali nodi di traffico verso la Germania. Il centro abitato sarà praticamente raso al suolo nel tenativo di tagliare tutte le comunicazioni stradali e ferroviarie attraverso l'Adige.

La ricostruzione

Terminato il disastroso conflitto mondiale la rete ferroviaria nazionale era al collasso. Tutti i principali nodi di traffico e la maggior parte dei ponti sui fiumi erano stati distrutti e anche le linee secondarie erano quasi tutte interrotte. La ferrovia Ostiglia - Treviso, spezzata in vari tratti a causa dei gravi danni subiti soprattutto in corrispondenza dei principali fiumi, Po, Adige, Brenta, Muson e Sile, era inutilizzabile così come gli scali di Legnago, Grisignano di Zocco e Treviso che abbisognavano quanto meno di riparazioni.
Nel Paese ormai liberato gli alleati, consci, anche per calcolo politico, che occorreva risollevare da zero la sua economia, intervennero massicciamente sul ripristino delle principali comunicazioni, prioritariamente ferroviarie. Grazie a un ponte provvisorio gettato sul Po tra Revere e Ostiglia si cominciò così a riattivare la linea Verona - Bologna, mentre la Milano - Venezia, data la sua importanza, fu riaperta nel giro di pochi mesi. Una parte dell'enorme quantitivo di materiale necessario all'armamento fu reperito presso le linee secondarie o in quelle già chiuse. Pochi mesi dopo la fine della guerra la tratta Grisignano di Zocco - Treviso fu disarmata in modo da riparare linee e scali di maggiore utilità. Al 31 gennaio 1946 i principali collegamenti risultavano ristabiliti, anche se con ponti provvisori e riattamenti di fortuna. Come si vede nella cartina la Ostiglia - Treviso risulta però ancora inutilizzata essendo interrotto il ponte sul fiume Brenta nel tratto Grisignano di Zocco - Treviso; del resto la sua ricostruzione era al momento impensabile perché non rientrava tra le priorità di quel momento, anche perché gli scali di Piazzola, Arsego e Piombino Dese erano gravemente danneggiati. Gli ingenti danni subiti e i costi elevati connessi con una ricostruzione di quel tratto di linea, sommati alla sua scarsa importanza commerciale, ne lasciavano trasparire l'abbandono definitivo. Soltanto la breve tratta tra Quinto di Treviso e Treviso Porta Santi Quaranta venne ripristinata nel settembre del 1946 ma poi chiusa definitivamente nel dicembre del 1947.
In tale anno fu attivato il collegamento fra le due sponde dell'Adige a Legnago, seppur con un ponte provvisorio, comune alle linee Mantova - Monselice e Ostiglia - Treviso; in località Porto le due linee si diramavano con un bivio.
La linea dell'Ostiglia venne finalmente riaperta all'esercizio nel maggio del 1947 ma solo da Ostiglia fino a Grisignano di Zocco. Per favorire il servizio passeggeri furono istituite delle fermate in corrispondenza delle case cantoniere di San Sebastiano-Asigliano, Nanto e Colzè. A fianco di questi caselli, lato linea, furono costruiti dei brevi marciapiedi per i passeggeri.

Il canto del cigno: l'intenso esercizio del decennio 1950-1960 tra Ostiglia e Grisignano di Zocco

Negli anni del dopoguerra il tratto Ostiglia – Grisignano di Zocco fu interessato da un intenso traffico sia di merci che di passeggeri, favorendo così i collegamenti delle zone attraversate dalla ferrovia e contribuendo allo sviluppo economico del territorio allora più che oggi a prevalente vocazione agricola. In particolare i treni viaggiatori del dopoguerra erano tutti effettuati, come da orario, dalle automotrici termiche chimate “Littorine” di tipo Alb56 e Alb64, convertite per il funzionamento a metano durante la guerra. Durante l'anno scolastico, nelle ore di punta si viaggiava in doppia composizione: gli studenti che frequentavano le scuole superiori di Legnago e l'università di Padova, raggiungevano le loro destinazioni in poco tempo e senza la necessità di cambi, poiché, secondo l'orario, le partenze da Ostiglia si alternavano con le due destinazioni di Vicenza e Padova; lo stesso succedeva al ritorno: un servizio oggi impensabile.
Con le corse delle automotrici veniva effettuato inoltre il servizio postale: durante le brevi soste per i passeggeri venivano caricati e scaricati la corrispondenza e i pacchi postali che, messi in giacenza nell'ufficio bagagli e merci delle stazioni, erano poi ritirati dall'ufficio postale del paese.

Nel traino dei treni merci "raccoglitori" invece la facevano da padrone le locomotive FS del gruppo 740, 741 e 743; qualche volta erano impiegate anche le locomotive dei gruppi 625 e 744.
Il movimento merci crebbe in tutti gli scali annessi alle stazioni, grazie soprattutto al trasporto di bestiame, concimi e barbabietole da zucchero che, destinate agli zuccherifici di Cologna Veneta e Legnago, venivano raccolte in tutte le stazioni della linea; in particolare le barbabietole destinate a Cologna Veneta provenivano da Villaganzerla, Sossano e Orgiano. Ma le tipologie di materiale trasportato erano molteplici e riguardarono anche: legnami, ferro, ghisa, carbone, carburanti e collettame generico, mentre nello scalo di Minerbe arrivavano i carichi di zolfo dalla Sicilia per la società di concimi chimici "Scarmagnan", costruita a fianco dello scalo merci proprio per usufruire del suo servizio. Sempre a Minerbe la fabbrica di betoniere "Simen" dagli anni '60 in poi spediva ai clienti i suoi prodotti su dei carri pianali.
Nello scalo di Cologna Veneta si registrava in media un movimento di circa 300 carri al mese. Tramite il raccordo con lo zuccherificio in località Sabbion venivano inoltrate lunghe tradotte di carri pianali carichi di barbabietole, mentre in uscita venivano rispediti i sacchi di zucchero e gli scarti di lavorazione delle polpa di bietola, dette comunemente "ciance" dagli operatori locali, utilizzati come mangime animale. Sempre a Cologna erano numerosi i carri di legname per la ditta "Berti" e ugualmente numerose le spedizioni in collettame per le cantine "Fantin" e "Zorzi".
Anche alla stazione di Barbarano le vicine cantine sociali assicuravano una cospicua movimentazione di carri per la spedizione del vino in collettame o in cisterne alimentari. Negli anni '60 venne costruito un raccordo che univa lo scalo merci di Barbarano alla contigua linea F.T.V. Vicenza - Noventa per la corrispondenza delle merci fra le due linee. Le cisterne alimentari vuote venivano inoltrate nei binari della vicina fermata della F.T.V. e riempite mediante una tubazione proveniente dalle cantine. Una volta cariche ritornavano nello scalo FS per la composizione del treno che le trasportava in Germania dove tradizionalmente risiedevano i clienti di vino italiano.

Negli anni '50 nel parlamento italiano si discuteva ancora sulla possibilità di riattivare il tratto di linea verso Treviso, addirittura considerando l'urgenza e l'entità degli inteventi che, se attuati, avrebbero richiesto un impegno finanziario ragguardevole. Un accenno al progetto di ricostruzione del tratto Grisignano di Zocco - Treviso fu effettuato nel 1952 dal ministro dei trasporti Piero Malvestiti. Dalla speranza di essere completamente riaperta si passò invece al dubbio di una sua chiusura anche del tratto funzionante da Ostiglia. Nel 1956 il direttore generale delle Ferrovie dello Stato, Di Raimondo, annunciava che la linea era in passivo e sarebbe stata soppressa. Alcuni ministri però assicuravano che per il momento, nonostante il passivo, la linea non sarebbe stata inserita nei programmi di soppressione delle linee ferroviarie, poiché la sua chiusura avrebbe danneggiato, come ebbero a dire non si sa con quanta convinzione, le categorie economiche e i comuni che essa attraversava. Finì che, il 12 maggio 1959, il Decreto Presidente della Repubblica 443/59 soppresse definitivamente il tratto Grisignano di Zocco - Treviso.

La sospensione del servizio passeggeri

Negli anni '60, grazie al boom economico di cui l'Italia beneficiava, le attività commerciali della linea si mantenevamo floride e nuove aziende sorgevano sul territorio contribuendo a trasformare il Paese in una nuova realtà industriale. Tuttavia il trasporto ferroviario, che fino ad allora operava in regime di monopolio quasi assoluto, cominciò a subire la pressante concorrenza di quello stradale che si diffuse assai rapidamente, favorito, allora come oggi, da politiche particolaristiche. Fu in quel periodo che la rete autostradale italiana, attraverso cui far viaggiare i mezzi di trasporto costruiti dalle numerose case automobiliste di cui la Fiat era la capofila, ebbe un impulso straordinario inversamente proporzionale ad uno sviluppo ferroviario che in una più lunga prospettiva si sarebbe rivelato strategico. Questa scelta determinò nel giro di pochi anni la chiusura di molti “rami secchi” (come venivano definiti allora dai fautori di una politica strettamente economica perché non producevano utili), tra cui anche la nostra ferrovia che statisticamente sarà annoverata come quella dismessa col più lungo percorso.
Il tronco Ostiglia - Legnago fu il primo ad essere preso di mira. Il traffico merci e passeggeri che si ridusse sempre di più in quegli anni, non fu più in grado di sostenere economicamente i costi di esercizio e manutenzione. I particolari provvedimenti adottati durante la costruzione di questo tratto, limitarono i problemi di instabilità del terreno, ma la linea ferroviaria necessitava comunque di numerosi interventi di correzione altimetrica e rincalzatura del binario. Il colpo di grazia arrivò con alcuni cedimenti alle strutture murarie delle spalle del ponte sul fiume Tartaro: una loro radicale sistemazione avrebbe richiesto dei costosi lavori di scavo e consolidamento delle fondazioni, stimati in 130 milioni di lire di allora. Dalla primavera del 1965 i treni vennero temporaneamente instradati via Nogara, mentre il traffico sulla tratta Ostiglia-Legnago fu sospeso.
Due anni dopo anche la tratta rimanente fra Legnago e Grisignano di Zocco compariva nell'elenco delle linee "improduttive". I numerosi passaggi a livello e il personale delle case cantoniere (una media di più di una casa cantoniera per chilometro) non favorivano certamente i bilanci della linea che nel frattempo era stata declassata. Nonostante si registrassero elevate vendite di biglietti ed abbonamenti a studenti e lavoratori (a Cologna Veneta si vendettero anche 70 biglietti al giorno) che quotidianamente utilizzavano il treno, l'allora ministro dei trasporti Oscar Luigi Scalfaro, il futuro presidente della repubblica, decretò la sospensione del servizio passeggeri a partire dal 2 settembre 1967. Da questa data cessò ufficialmente l'esercizio passeggeri e la linea rimase attiva solo in regime di raccordo merci da Legnago fino a Villaganzerla, con l'effettuazione di tre tradotte merci a settimana. Le barriere dei passaggi a livello custoditi vennero rimosse e sostituite da segnalazioni fisse con "Croce di S.Andrea", il personale in servizio venne drasticamente ridotto. I segnali e gli impianti vennero definitivamente spenti e mantenuti a via impedita. Tuttavia le stazioni comunque erano rette da assuntori per l'espletamento del servizio merci.
Dopo la sospensione del servizio passeggeri le proteste dei comitati cittadini si sollevarono spontaneamente, non riuscirono a incidere sulle politiche ormai decise del trasporto pubblico nazionale, politiche che tuttora pesano moltissimo nel nostro paese e sulle prospettive di un rinnovamento alternativo. Inizialmente l'Azienda Autonoma Ferrovie dello Stato si impegnò a fornire un regolare servizio di autocorse sostitutive soprattutto per studenti e pendolari, ma in breve tempo il servizio diminuì fino a scomparire del tutto, sostituito da un sistema di trasporti a livello provinciale mediante autobus.
A Cologna Veneta, alla fine degli anni '60, continuava con una certa intensità le attività dello scalo. Nel 1968 si insediò nella zona industriale accantò al fiume Guà il nuovo stabilimento della fabbrica "Kappa fertilizzanti". I carri merci venivano "carrellati" nello scalo e trasportati nella vicina zona industriale dalla appena nata ditta di trasporti "Cavedon" (oggi Vicenza Terminal).
Negli anni '70, vicino alla stazione di Minerbe, venne costruito un consorzio ortofrutticolo che, raccordato allo scalo ferroviario, movimentava dei carri tipo "Interfrigo" adatti al trasporto di frutta e verdura della ditta "Citterio". Sempre a Minerbe la società "Fratelli Rossetto" produceva e spediva via ferrovia macchinari agricoli (aratri, erpici, ecc.).
Le ultime tradotte che proseguivano fino a Villaganzerla cessarono di circolare definitivamente verso la metà degli anni '70, quando un giorno un camion che percorreva la strada "Riviera Berica", urtò col carico troppo alto del suo rimorchio la travata del sottovia stradale dell'Ostiglia in località "Ponte di Mossano". Il fortissimo impatto fece piombare a terra la travata metallica: solo i binari rimasero sospesi nel vuoto. Un'immagine emblematica che ben rappresentava la situazione del trasporto merci del nostro paese, sempre più orientato verso il servizio camionistico. Il ponte non venne mai più ripristinato limitando ulteriormente il collegamento ferroviario solo fino a Barbarano.
Negli anni '80 la trazione a vapore venne soppiantata da quella diesel con locomotori da manovra tipo 214 e le tradotte merci da Legnago ormai non proseguivano più oltre Cologna Veneta, che assieme a Minerbe comunque proseguiva ancora una discerta attività dello scalo merci.

La chiusura definitiva

Il D.P.R. n. 140 del 1984 sanzionò la soppressione dell'intera linea Ostiglia-Treviso, fatta eccezione per il tratto Legnago – Cologna Veneta che venne ancora mantenuto attivo dalle FS in regime di raccordo. Le numerose case di spedizioni diffuse in tutto il territorio nazionale già negli anni '70, garantivano l'inoltro veloce delle merci a costi economicamente accettabili rispetto al livello di servizio che le ferrovie offrivano, grazie anche ad una forte concorrenzialità che culminò con una "guerra" sui prezzi al ribasso a tutto vantaggio delle aziende produttrici. Ciò determinò, nel dicembre del 1987, la cessazione di ogni servizio merci anche in questo ultimo tratto.

A ratificare la soppressione del trasporto passeggeri sulla Cologna Veneta-Legnago intervenne il Decreto Ministeriale 73/T del 15/04/1987 (emanato dall'allora ministro dei trasporti pro tempore Travaglini), preceduto del resto dal Decreto del Presidente della Repubblica 140 del 18/04/1984, che aveva soppresso il tratto Cologna Veneta-Grisignano di Zocco. L'allora ministro Travaglini non si era però pronunciato sulla cessazione del servizio merci, che rimase legalmente attivo sino al febbraio 1993, quando l'Ordine di Servizio n. 20 ratificò la disabilitazione delle uniche due stazioni superstiti (Cologna e Minerbe) al traffico di qualsiasi tipo di treno. Un mese dopo le stazioni di Cologna Veneta e Minerbe erano soppresse ed entro il 1994 depennate dai prontuari.Ci si attendeva che, a norma di legge, fosse emanato un nulla osta del Ministero della Difesa e un decreto di soppressione definitiva da parte del Ministero dei Trasporti, ma nulla di ciò avvenne: sulla carta la linea Legnago-Cologna Veneta rimase (e rimane tuttora) non in esercizio, ma mai soppressa.

Un fatto solo apparentemente inspiegabile, ma probabilmente riconducibile agli interessi personali di qualcuno, ci fu segnalato da una non più giovane signora che abita ancora oggi in una casa cantoniera della vecchia linea tra Legnago e Minerbe. Si ricorda infatti che nei primi anni '90 la linea fu in parte ammodernata: nuove traversine, nuovi binari, come se dovesse risorgere a nuova vita. L'illusione durò poco tempo: alcuni mesi dopo gli operai di una ditta esterna alle ferrovie asportarono tutto il ferro esistente, tagliando con la fiamma ossidrica binari, ponti, segnalamento (non si capisce bene, o meglio si capisce benissimo, a che titolo dato che non esiste autorizzazione al riguardo e la linea risulta ancora attiva). Nel giro di pochi giorni il lavoro era finito e con esso la storia di una linea ferroviaria.

Le scelte di quella politica poco lungimirante iniziata negli anni '60 pesano moltissimo ai giorni nostri, ponendo il nostro Paese vergognosamente in coda alle classifiche europee per nazione relativamente ai volumi del traffico ferroviario di merci.
Nonostante i paesi aderenti alla comunità europea (e non) abbiano dato priorità a queste tematiche, per gli evidenti vantaggi in termini di costi, inquinamento, risparmio energetico e salute della collettività che ne derivano, la dirigenza delle Ferrovie dello Stato e la totale mancanza di una politica dei trasporti in Italia, hanno decretato quasi il completo abbandono di questo settore, per cui fra l'altro sarebbe essenzialmente nata la ferrovia. Prima con l'eliminazione del trasporto merci diffuso, poichè ritenuto improduttivo (treni con tipologia di trasporto di merce mista), poi con la chiusura di tutti gli scali merci delle stazioni, prima quelli secondari, ora anche quelli principali. Le aree vengono affittate o vendute a privati, che trovano notevoli interessi a costruire aree commerciali e residenziali.
Riguardo ai rotabili purtroppo buona parte del parco carri merci FS è accantonato in attesa di demolizione o già demolito. Ad oggi i carri circolanti nella nostra rete sono sempre di più provenienti dall'estero o noleggiati. Rimangono i grandi scali merci gestiti sempre più da privati, che certamente sanno dove trarre profitto; lo stesso per i treni.
In questo modo sostanzialmente è stato fatto "quadrare" il bilancio delle ferrovie, senza contare però che le gravi conseguenze di queste scelte si riversano completamente sulla collettività, sia in termini di costi che di salute per i cittadini. E pensare che quando si acquista un biglietto per viaggiare in treno si legge ironicamente sul retro che le ferrovie ringraziano per aver scelto questo mezzo di trasporto e per aver contribuito alla salvaguardia dell'ambiente riducendo le emissioni di CO2... Infatti oggi tutti assistiamo al passaggio incessante di migliaia di camion sulle nostre strade. Essi causano disagi complessivi notevoli alla popolazione a tutti i livelli: alla circolazione stradale, danni alla sede stradale, un elevatissimo inquinamento atmosferico, danni all'ambiente e conseguenti malattie cancerogene, e incidenti stradali spesso gravi. Le merci che viaggiavano prima con le FS ora viaggiano sui camion, che fra l'altro provengono ormai per gran parte dall'est Europa; un'altro grosso settore commerciale perso e di cui il nostro paese subisce ora solo i danni.
Per la costruzione di linee ad alta velocità vengono stanziati anche 70 milioni di euro al chilometro, raggiungendo dei costi totali da capogiro per decine di miliardi di euro; senz'altro proiettate nel futuro, con treni che sfrecciano a 300 km/h, ma dove i treni merci non circolano e non circoleranno mai.
La cosa che lascia più perplessi è che il nostro paese era dotato, fino a pochi decenni fa, di una ramificata ed efficentissima infrastruttura ferroviaria, concepita e costruita fin dalle origini proprio per assicurare la movimentazione di tutte le tipologie di merci, dai grandi scali fino alle più piccole stazioni, come testimonia proprio la ferrovia Ostiglia-Treviso. Bastava solo lasciare ciò che già esisteva ed è stato costruito con notevoli sforzi dalle nostre precedenti generazioni, ma purtroppo l'interesse di pochi ha prevalso sulla collettività.

Se una politica dei trasporti più lungimirante la avesse preservata, la linea ferroviaria Ostiglia-Treviso costituirebbe ancora oggi un via di comunicazione delle merci lungo l'asse nord-sud del Paese, nonchè potrebbe far parte del sistema regionale di metropolitana di superficie di cui si parla ormai da anni, collegando molti comuni oggi isolati da comunicazioni ferroviarie ai capoluoghi più importanti.

La riqualificazione

Con l’avvio della privatizzazione delle FS avvenute negli ultimi anni, la linea (come tutta la rete ferroviaria italiana) è passata in gestione a RFI. In particolare il tratto Ostiglia-Grisignano di Zocco è in gestione al compartimento di Verona mentre il tratto Grisignano di Zocco-Treviso è in gestione al compartimento di Venezia. La Regione Veneto ha sottolineato più volte l’importanza di preservare tutta la linea e i suoi edifici come interesse storico-culturale e per scopi turistici e ciclopedonabili, vincolando la Ostiglia - Treviso con delle leggi regionali. Recentemente le province di Treviso e Padova hanno acquisito la ex sede ferroviaria nel tratto di loro competenza e hanno realizzato un percorso ciclabile, restaurando fra l'altro tutti i ponti in muratura e riattando le travate di ferro mancanti con dei ponti leggeri.
Se nel tratto ferroviario appartenente al compartimento di Venezia la linea è relativamente ben conservata nella sua sede (salvo qualche eccezione) e la pista ciclabile è già realizzata da Campodoro a Treviso nel tratto appartenente al compartimento di Verona non è esattamente così. Le appropriazioni indebite dei privati (con spianamento del terrapieno ferroviario) e le occupazioni abusive da parte di extracomunitari di alcune case cantoniere rappresentano il male minore. La linea è stata di recente spazzata via in vari tratti dalla realizzazione di bretelle stradali e rotatorie nei comuni di Aselogna, Legnago, S.Vito, Villaganzerla, Ghizzole e Colzè, dove è stato addirittura demolito il ponte sul fiume Bacchiglione. In particolare nel tratto ancora legalmente attivo fra Legnago e Cologna Veneta, gli illeciti risultano particolarmente gravi. Queste varianti stradali costate svariati milioni di euro, talvolta di dubbia utilità per l'interesse comune dei cittadini, sono state costruite esattamente sopra la sede ferroviaria ed hanno comportato la demolizione di tutte le opere murarie, cancellando definitivamente la sede ferroviaria. In questi luoghi non è stata prevista alcuna pista ciclabile.

Nel 2008 si è costituito il comitato “UNA STAZIONE PER COLOGNA VENETA” che ha come obiettivo principale la conservazione del tracciato della ferrovia Ostiglia-Treviso e la riattivazione del tratto ferroviario Legnago - Cologna Veneta - Grisignano di Zocco, con finalità culturali storico-turistiche e di implementazione del trasporto merci e passeggeri regionale. Il progetto tende a ripristinare la linea ferroviaria da Legnago a Grisignano di Zocco, realizzando la pista ciclabile affiancata nel lato in origine previsto per il raddoppio della linea.
L’idea è stata esposta a Roma al ministro dei Trasporti in carica, Matteoli, che l'ha accolta con favore (inizio 2010). La associazione ha tenuto alcuni incontri con i sindaci dei comuni attraversati dalla ex linea ferroviaria, riuniti presso le sedi comunali di Cologna Veneta e di Orgiano. Anche un'impresa ferroviaria privata ha espresso interesse per il ripristino della linea, appoggiato e guidando la associazione nell'iniziativa, indicando che per la sostenibilità del progetto occorerebbe in un primo momento il ripristino in regime di raccordo merci. Alcune delle industrie locali nelle vicinanze della ferrovia erano molto interessate: da alcuni dati raccolti presso le aziende è emerso che il volume di traffico che andrebbe ad interessare la linea ammonterebbe a circa 600000 tonnellate annue, pari a circa una/due tradotte al giorno, prevalentemente per trasportare cereali e granaglie. La popolazione locale ha sempre espresso pareri positivi, soprattutto come trasporto alternativo alle corriere, che per percorrere brevi distanze impiegano molto tempo, oltre ad intralciare la circolazione stradale.
Purtoppo non si può dire lo stesso dei sindaci, per la maggior parte dubbiosi o contrari, e che vedono invece il ripristino della linea ferroviaria addirittura come un problema anzichè come un opportunità di cambiamento e di sviluppo del territorio. Lo stesso le province. Non parliamo della regione Veneto i cui interessi sono basati essenzialmente sulle opere di viabilità stradale.
Purtroppo l'iniziativa partita spontaneamente dai cittadini è stata per il momento soffocata dal mancato appoggio delle istituzioni.
L'unica proposta concreta sembrerebbe dunque la realizzazione della pista ciclabile anche nel tratto Vicentino e Veronese, in prosecuzione di quella già realizzata nelle province di Padova e Treviso. Se non altro, con tale progetto, la ferrovia Ostiglia - Treviso verrebbe almeno vincolata da ulteriori danni futuri, e la popolazione locale conoscerebbe meglio ed apprezzerebbe il valore storico - culturale di questa linea ferroviaria, la linea dismessa più lunga d'Italia.

La ferrovia Ostiglia - Treviso continuerà sempre ad affascinare gli appassionati, ogni scoperta è stata un'emozione durante le numerosissime esplorazioni che hanno permesso la realizzazione di questo sito dedicato.

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