Legnago - La stazione e il ponte sul fiume Adige | ||
Legnago, già piazzaforte austriaca facente parte del sistema difensivo noto col nome di "Quadrilatero" di risorgimentale memoria, è importante centro della Bassa veronese con funzione di porto fluviale. Il nome deriverebbe da "Lemno", personaggio della mitologia greca, o da un più prosaico "legno" in relazione alle fitte foreste di roveri che un tempo esistevano fino a Bevilacqua. Coinvolta in assedi di minore importanza storica nel corso delle guerre napoleoniche, fu sede di comandi alle dipendenze di Mantova. L'ultima guarnigione austriaca al comando del generale Woinovits lasciò la fortezza nel 1866, quando tutto il Veneto passò al regno d'Italia.
Legnago venne dotata di una propria stazione ferroviaria con la realizzazione della linea Verona - Legnago - Rovigo, inaugurata nella sua completa estensione nel 1877. Ma si stava lavorando anche ad un'altra ferrovia: la Mantova - Legnago - Monselice, inaugurata nove anni dopo, nel 1886. Quest'ultima utilizzava fra Cerea e Legnago il binario in comune con la Verona - Legnago - Rovigo che si diramava, pochi metri dopo la stazione di Legnago e con una curva a sinistra, verso il vicino fiume Adige in direzione di Monselice.
Lo sviluppo ferroviario della regione traeva origine da una legge emanata il 29 giugno 1873 (N° 1475, "Sulla costruzione e l'esercizio di ferrovie nelle province venete e di Mantova"). Un impulso notevole con grossi impegni di spesa se si considera che le nuove linee da costruire quasi contemporaneamente erano ben sei:
Da Verona la linea per Legnago utilizzava fino a Dossobuono quella per Mantova, aperta fin dal 1851, e da lì si diramava col suo nuovo tracciato toccando i centri di Vigasio, Isola della Scala, Bovolone e Cerea. Il tratto Dossobuono - Legnago era parte della ferrovia che univa Rovigo con Verona e fu l'ultimo ad essere aperto al traffico (6 agosto 1877), conseguendo così l'allacciamento con la ferrovia che da Padova porta a Bologna e da lì al centro Italia. Qualche tempo prima, infatti, erano stati ultimati i lavori tra Rovigo, Lendinara e Badia Polesine (23 ottobre 1876) e tra quest'ultima località e Legnago, col centro intermedio di Castagnaro (1° febbraio 1877).
Se l'obiettivo di collegare Verona con Rovigo, lungo la sponda destra dell'Adige, era stato raggiunto, quello di Montagnana, stentava invece ad essere conseguito, anche in considerazione delle notevoli risorse pecuniarie, tutte da reperire, per realizzare il ponte sul fiume Adige. A dare voce nel parlamento di Roma alle rimostranze dei cittadini di Montagnana, intervenne ripetutamente e con vigore l'onorevole Luigi Chinaglia, originario proprio della cittadina padovana. Ma si dovette attendere il 1883, quando, ottenuto il necessario finanziamento, fu lanciata l'asta per la realizzazione del tronco Monselice-Montagnana (diramazione della linea Padova-Ferrara-Bologna). L'esercizio fu affidato alla società SFAI (Strade Ferrate Alta Italia), assorbita dalla società Rete Adriatica (RA) proprio nell'anno in cui, il 16 maggio 1885, venne inaugurato il primo tratto di questa diramazione che collegava Montagnana col capoluogo Padova.
Due immagini della stazione di Legnago nei primi anni '90 del secolo scorso. |
Contemporaneamente, a completamento del collegamento con Legnago, si procedeva alla costruzione del ponte in ferro sull'Adige, una delle opere più costose ed impegnative della linea. Nel frattempo, il 27 Marzo 1886, fu aperto anche il tronco Mantova-Cerea. Alla stazione di Cerea la ferrovia si univa alla già esistente linea Verona-Rovigo e ne utilizzava il binario in comune fino a Legnago. La pur nuova stazione di Legnago, aperta nel 1877 e situata a sud del centro abitato, non trovandosi più in posizione idonea a servire convenientemente la nuova linea proveniente da Monselice, venne dismessa, rimpiazzata dall'attuale e più importante impianto ferroviario, che, costruito più vicino al centro abitato, disponeva di fabbricati e piazzali di maggiori dimensioni. Con il termine dei lavori di costruzione del ponte sull'Adige, la linea venne finalmente completata anche nell'ultimo tratto rimasto fra Montagnana e Legnago e, il 31 Dicembre 1886, l'intera tratta venne inaugurata insieme con la nuova stazione ferroviaria di Legnago. Il collegamento fra Mantova – Legnago - Monselice – Padova divenne realtà e l’importante centro della bassa veronese venne così a beneficiare, già a fine ‘800, del passaggio di due linee ferroviarie che realizzavano collegamenti con i capoluoghi di provincia più importanti del Veneto. Inizialmente in gestione alla società privata Rete Adriatica, dal 1905 la linea entrò a far parte a tutti gli effetti delle Ferrovie dello Stato.
Il superamento del fiume Adige venne attuato, tra Legnago e la località Porto di Legnago, mediante un ponte in ferro a tre travate da 72 metri di luce ciascuna. Tali travate metalliche presentavano la configurazione tipica dei ponti in ferro dell’800, vale a dire con una struttura rettangolare a correnti paralleli e pareti laterali a “graticcio” (si veda la scheda tecnica). Le travi portanti, vista la lunghezza del ponte, erano a doppia anima. Le spalle e le pile intermedie vennero interamente realizzate in pietra bianca da taglio.
La stazione di Legnago era collegata, mediante due binari di raccordo, con l’importante area industriale, situata a nord–ovest del fabbricato viaggiatori, dove sorgeva lo zuccherificio T. Maraini & C. ed una fabbrica di concimi chimici.
Legnago, località Porto, 7 Luglio 1902. La foto raffigura sia il ponte sull'Adige in direzione di Legnago (linea Mantova-Legnago-Monselice), sia la casa cantoniera al km 135+376. Tale distanza era riferita alla stazione di partenza di Codogno, piccolo centro in provincia di Lodi. In reltà la ferrovia Mantova-Monselice costituiva solo un tratto della ben più lunga linea Codogno-Cremona-Mantova-Legnago-Monselice. Nella foto è ben visibile il segnale a disco girevole di protezione della stazione di Legnago, rivolto verso la provenienza da destra (sud) del binario unico. Infatti, nel 1902 la linea era ancora gestita dalla società Rete Adriatica e in quell'epoca il segnalamento ferroviario e tutti i comandi di guida delle locomotive a vapore, erano disposti a destra rispetto al senso di marcia del treno. Da notare, inoltre, il casellante, evidentemente con moglie e figlia, in atto di effettuare la segnalazione di presenziamento, con bandierina verticale chiusa nel fodero e, a tracolla, il corno che serviva a comandare l'arresto immediato del treno in caso di emergenza. Si osservi inoltre che nelle ringhiere del sottovia stradale, in primo piano ai lati del binario e della casa, sono stati fatti passare, sicuramente a cura del casellante, delle ramaglie, con l'evidente scopo di scongiurare il rischio che la piccola potesse precipitare. Con la costruzione dell'Ostiglia questo cavalcavia venne chiuso, essendo stato sostituito da uno più ampio sulla la strada per Terrazzo. |
Per la realizzazione del primo tronco dell’Ostiglia fra Legnago e Cologna Veneta venne costruito, adiacente al vecchio ponte della Mantova – Monselice, un ponte in ferro completamente nuovo a tre luci di 72 metri ciascuna e un'unica travata in ferro lunga ben 216 metri. Per la realizzazione della travata furono trovate delle interessanti soluzioni ingegneristiche, in assoluto tra le più moderne dell’epoca: unica struttura reticolata a grandi maglie triangolari, con travi portanti inferiori e superiori a doppia anima (si veda la scheda tecnica nella parte dedicata ai ponti in ferro).
Inoltre la sovrastruttura metallica posava alle spalle (lato Ostiglia e lato Treviso) e alle due pile intermedie con dei particolari apparecchi di appoggio elastici; questi ammortizzavano l'effetto cosiddetto di martellamento, prodotto al passaggio dei convogli, che la travata in ferro trasmetteva alle pile; nel contempo essi permettevano un certo grado di elasticità rendendo così il ponte antisismico.
Disegno tecnico FS del ponte ferroviario sull'Adige della linea Ostiglia - Treviso. Archivio Ferrovie dello Stato. |
Alle dure prove degli eventi bellici, il ponte si riverelà resistentissimo agli spostamenti d'aria generati dalle esplosioni delle bombe d'aereo che caddero numerose, alcune anche dirette, negli ultimi anni del secondo conflitto mondiale.
Infatti, la struttura metallica formata da una sola travata lunga, risultando essere molto più pesante e resistente, oscillava elasticamente in un unico corpo, rispetto per esempio alle tre travate singole del ponte adiacente che, violentemente sollecitate, essendo ben più leggere, si spostarono più facilmente dalla loro sede di appoggio sulle pile. Come si dimostrerà in seguito, il ponte, strutturato appunto a corpo unico, mostrò il suo punto debole nel fatto che, cedendo in un punto, andrà a trascinare nell'acqua l'intera struttura, con conseguenti grosse difficoltà di ripristino. Al contrario le travate separate poterono essere rimpiazzate alla meno peggio o sostituite singolarmente. Per tale motivo la soluzione a corpo unico non sarà più utilizzata.
Le pile, costruite in pietra e con larghezza prevista per la posa di una seconda travata per l’eventuale raddoppio della linea, avevano profonde e robustissime fondamenta. Basti pensare che la loro quota inferiore è al di sotto del livello del mare, mentre la quota di appoggio della travata è a circa 24 metri s.l.m., perciò le pile risultavano alte circa 25 metri. Il ponte dell’Ostiglia sull’Adige era indubbiamente una delle opere d'ingegneria più imponenti costruite per questa ferrovia e in assoluto tra le più innovative e moderne dell'epoca.
Lavori importanti interessarono anche il piazzale della stazione che venne allargato verso sud per fare spazio ai nuovi binari dell'Ostiglia. I lavori d'ampliamento comportarono la demolizione del vecchio deposito locomotive (situato davanti al fabbricato viaggiatori), l'allargamento del ponte in muratura sul Naviglio Bussè (e dell'attiguo sottovia stradale), a circa 150 metri a ovest della stazione, l'allargamento dei due sottovia stradali al km 18+469 e di Porta Ferrara al km 19+735.
Il nuovo deposito locomotive venne costruito a circa un chilometro a ovest della stazione, venendo a trovarsi tra la diramazione del tronco per Ostiglia e la linea Mantova-Verona. Nel nuovo piazzale del deposito vennero edificati una rimessa locomotive a due binari con fosse d'ispezione, una cabina in cemento armato per ricovero accudenti (a fianco della rimessa), una piattaforma girevole da 18 metri azionata da un motore ad aria compressa, un fabbricato dormitorio per 16 letti provvisto di impianti idrici, sanitari, di illuminazione e di riscaldamento per il personale. Inoltre si installarono delle colonne idrauliche, un nuovo serbatoio di rifornitore e, infine, due piattaforme di deposito per il carbone per le locomotive a vapore.
Il nuovo deposito ferroviario. Rivista Tecnica Ferrovie Italiane, maggio 1935. |
Negli anni trenta del secolo scorso, con l'apertura del tronco verso Ostiglia, la stazione di Legnago diventò un importante nodo ferroviario in cui confluivano e si diramavano ben tre linee diverse. Viste le accresciute dello scalo, la stazione fu dotata di due Apparati Centrale Idrodinamici posti in cabine ubicate alle estremità del piazzale e sopraelevate rispetto al piano del ferro, dotate ciascuna di un banco a 32 leve, per il comando centralizzato degli scambi principali e dei segnali ad ala di partenza (si veda a riguardo la scheda tecnica). L'impianto si completava con strumenti di consenso elettrici dal fabbricato viaggiatori alle cabine e fermascambi a chiave per i deviatoi non centralizzati.
Due segnali di partenza a tre ali ciascuno comandavano le partenze ai treni per Grisignano di Zocco, Monselice, Rovigo. Altri due segnali a due ali ciascuno in direzione opposta comandavano le partenze per Ostiglia e Cerea.
Inoltre la stazione di Legnago divenne sede del Dirigente Unico della linea Ostiglia-Treviso, a cui le stazioni erano collegate per la comunicazione dei dispacci con circuito telegrafico diretti e telefono selettivo.
L'importanza della stazione di Legnago, ma soprattutto del ponte ferroviario sull'Adige, non poté di certo sfuggire agli alleati contro i quali l'Italia era entrata in guerra a fianco della Germania. Infatti, mettendo fuori uso i due ponti sull'Adige, si sarebbero interrotti i traffici non solo di tre linee ferroviarie ma anche di quella stradale. Fu così che, a partire dal'estate del 1944 e fino al termine del conflitto, la località sarà uno dei principali obiettivi militari della "Po valley". Le incursioni aeree sulla pianura padana da parte dei bombardieri medi e anche pesanti alleati, si susseguirono incessantemente di giorno e di notte, secondo il piano di bombardamento dei punti chiave delle vie di comunicazione verso il nord (nodi ferroviari e ponti), mirante a paralizzare ogni attività di trasporto e rifornimento per le truppe tedesche schierate sui fronti degli Appennini (linee "Gustav" prima e "Gotica" - quest'ultima chiamata ufficialmente linea "Verde" - a partire dall'estate del 1944).
A Legnago a farne subito le spese per primo fu il ponte ferroviario piu "anziano". La cronaca locale riferisce di una formazione di 12 B-24 Liberator (bombardieri pesanti) che il 23 luglio 1944 (domenica) lo centrò facendo rovinare in acqua una campata. Quello dell'Ostiglia (sul quale sarà subito deviata la linea di Monselice) invece tenne duro. Danni anche al centro abitato dove gli spostamenti d'aria mandarono in frantumi le vetrate del duomo. Dai rapporti delle missioni sappiamo che in realtà si trattò di aerei da bombardamento medi che quella domenica avevano come obiettivo Ostiglia (cfr. i rapporti delle missioni del 321° Gruppo da bombardamento medio). & Dura l'incursione del 31 agosto allorché sui cieli della cittadina si presentarono 26 bimotori B-26 Marauder del 320° Gruppo di bombardamento medio americano (le cronache locali parlano, erroneamente, di trimotori), ma l'obiettivo principale quel giorno era il ponte stradale. Questi aerei torneranno anche il 5 settembre (si veda qui l'elenco completo), finché il 23 settembre non cadde in acqua anche il ponte dell'Ostiglia. L'immediato ripristino mediante travate di legno posate sul lato previsto per il radoppiamento della linea, consentì per qualche tempo il passaggio dei convogli merci, ma le successive incursioni aeree resero intransitabile anche questo ponte di fortuna che, tuttavia, i tedeschi tentarono sempre di riattare (le ricognizioni aeree alleate confermerebbero la funzionalità del ponte provvisorio anche a fine marzo 1945). Il sacrificio di Legnago però si compirà il 23 aprile 1945, quando sulla cittadina si accaniranno, e questa volta per davvero, i bombardieri pesanti americani, nel quadro di un'ultima, impressionante offensiva aerea alleata, che coinvolgerà contemporaneamente tutti i principali nodi di traffico verso la Germania. Il centro abitato sarà praticamente raso al suolo nel tenativo di tagliare tutte le comunicazioni stradali e ferroviarie attraverso l'Adige.
Numerosi i danni alle strutture della stazione. Gravi anche quelli che interessarono la volta in muratura del ponte sul canale Bussè che tuttavia non sarà necessario ripristinare in seguito.
Durante il secondo conflitto mondiale nella frazione di Vangadizza si insediò un piccolo campo di concentramento per prigionieri di guerra inglesi e del Commonwealth (in seguito anche americani), dipendente da Bussolengo.
Le immagini fotografiche ed alcuni video del periodo bellico e post-bellico, sono sufficientemente eloquenti nel descrivere l'immane catastrofe che colpì la nazione in tutti i suoi gangli vitali industriali ed economici, per non parlare delle popolazioni più o meno direttamente colpite. Nessun ponte, ferroviario o stradale, di una certa importanza si era salvato; città e paesi semidistrutti. Ma la fine dell'incubo e l'irrefrenabile voglia di rivivere, daranno la spinta per ricominciare praticamente da zero. Una ricostruzione che si renderà possibile solo grazie all'apporto materiale ed economico degli Stati Uniti d'America, ora di nuovo amici, soprattutto attraverso il famoso piano Marshall.
Artefice della ricostruzione a Legnago fu l'architetto Luigi Picconato. Nel 1945 fu incaricato di elaborare un "Piano di Ricostruzione della città di Legnago", piano che prenderà il via l'anno seguente pur tra ogni sorta di difficoltà. Egli infatti scriveva: "Le distruzioni belliche sono state gravissime. Si può dire che più di metà della città è andata distrutta o gravemente danneggiata, mentre l'altra metà ha subito danni più o meno gravi. Il Porto si poteva considerare distrutto completamente nella sua parte più importante. E quasi altrettanto si poteva dire di Legnago dove, nella zona del vecchio centro di Piazza Municipio, non è rimasto che il Duomo. Perduti completamente il palazzo comunale, le case sulla piazza, sul lato settentrionale di Via Roma e su Piazza Garibaldi. E' rimasto in piedi l'antico torrione davanti al Duomo, un tempo conglobato nelle case ormai distrutte. Notevolmente colpito è stato il settore più malsano di Borgo Bello e di Borgo Tetro. Distrutte le scuole, l'ufficio postale e in gran parte l'ospedale."
Nel 1945 il collegamento fra le due sponde dell'Adige venne ristabilito con un ponte di barche provvisorio, ma il freddo intenso di quell'inverno e il congelamento del fiume, ne consigliarono la rimozione. In sua sostituzione venne attuato, seppur con diverse difficoltà, un servizio traghetto funzionante soltanto nelle ore diurne. Nel 1947 venne costruito ad opera del Genio Pontieri, unità del nuovo esercito italiano con un reparto distaccato a Legnago, un ponte di barche più pesante, di 15 tonnellate di portata, che consentirà per qualche tempo il collegamento fra Legnago e la località Porto. Il nuovo ponte stradale, quello attuale, sarà finalmente inaugurato il 19 Giugno 1949.
Il collegamento ferroviario venne ripristinato nel 1947, mediante un ponte in ferro provvisorio costruito a fianco delle macerie di quello dell'Ostiglia. Questo ponte era in comune alle due linee ferroviarie per Monselice e per Grisignano di Zocco che, appena superato il fiume Adige, si diramavano in località Porto con un bivio, chiamato come località di servizio "Bivio Adige". Il ponte rimase in esercizio per diversi anni poiché il ponte ferroviario definitivo, corrispondente a quello attuale, fu l'ultimo ad essere ricostruito; sarà inaugurato soltanto negli anni '50. L'Ostiglia cessò così di avere, con un proprio ponte, l'indipendenza strategico-militare di traffico ferroviario, sempre pretesa fin dalla sua progettazione.
L'attuale ponte ferroviario, infatti, venne ricostruito sulla sede di quello vecchio della linea per Monselice. In seguito, ciò che rimaneva del ponte dell'Ostiglia venne completamente demolitito.