Nei 114 km che separano Ostiglia da Treviso la ferrovia attraversava, e tuttora attraversa, centinaia di fossati, rogge e canali della campagna veneta e diversi fiumi importanti quali Tartaro, Adige, Guà, Bacchiglione, Brenta (la Brenta per i puristi), Sile. Le opere costruite per l’attraversamento dei corsi d’acqua sono dunque numerosissime; in particolare nel tratto fra Ostiglia e Legnago, dove la ferrovia attraversa le canalizzazioni e i fossati di bonifica delle paludi delle Valli Grandi Veronesi, si arriva a contare quasi un centinaio di manufatti in soli 19 chilometri di tracciato.
Oltre ai corsi d'acqua la linea intersecava naturalmente anche diverse strade (tra queste la gloriosa ex Statale 11) superate realizzando o cavalcavia stradali (in cui la strada passa sopra la ferrovia) o, assai più numerosi, sottovia al ponte ferroviario (al di sotto del quale passa la strada).
Nel loro complesso i ponti, sia piccoli che grandi, si dividono in due tipologie rispetto al materiale di costruzione dell'impalcato: in muratura e in ferro.
Nella nostra ferrovia la maggior parte delle opere minori è costituita da ponti in muratura ad arco. I ponti in ferro sono stati scelti negli attraversamenti dei corsi d’acqua più importanti, dove era necessario adottare un ampia luce, o in alcuni sottovia stradali dove la travata metallica meglio si prestava, rispetto all’arco in muratura, ad uno scorrimento dei veicoli di maggiore ingombro.
Ponti e strutture connesse, intese come opere d’arte ferroviarie, vengono definiti, rispetto all'ampiezza della luce e alla tipologia, come segue:
La struttura di un ponte è costituita da:
In ogni ponte inoltre si distinguono due parti fondamentali dette sottostruttura e sovrastruttura. La sottostruttura è costituita dai sostegni verticali, detti piedritti , e dalle loro fondazioni. I sostegni terminali vengono detti spalle mentre gli intermedi vengono denominati pile. Le pile possono essere molto sottili rispetto alla loro altezza (nei ponti di legno) ed in tal caso vengono dette stilate , ma posso anche essere di robustezza tale da poter resistere anche alla spinta, non equilibrata, di una sola delle due campate che su di esse si appoggiano (come in diversi manufatti della Ostiglia-Treviso), e vengono allora dette pile-spalle . La sovrastruttura è la parte che si appoggia sui piedritti.
Si considera luce del ponte la distanza misurata tra le facce dei piedritti contigui; in caso di ponte a più piedritti, se cioè ha una o più pile intermedie, si parla di ponti a più luci e le luci possono anche non essere uguali tra loro.
Normalmente si cerca di costruire un ponte in modo che l’attraversamento, tra corso d’acqua, strada o ferrovia, risulti effettuato con un angolo di 90° - e si parla allora di ponte retto – ma sono numerosissimi i casi in cui il tracciato ferroviario non lo consente e si deve allora ricorrere alla costruzione di un ponte obliquo e cioè con un certo angolo di obliquità tra gli assi dell’incrocio.
Di un ponte obliquo si devono prendere in esame due distinte luci: agli effetti del regime idraulico del corso d’acqua o della potenzialità della strada attraversati, interessa la luce libera misurata perpendicolarmente alle facce dei piedritti, e cioè quella che viene detta luce retta (indicata in planimetria della linea), mentre agli effetti dei calcoli del ponte interessa la luce obliqua e cioè la lunghezza effettiva della travata.
L’ arco o volto può essere o in muratura di mattoni o di pietra squadrata oppure di calcestruzzo. A seconda della sua configurazione geometrica, il volto può essere circolare ad un unico centro , ma se presenta più centri è detto policentrico . Nel primo caso, se l’arco si estende per una semicirconferenza completa, prende il nome di volto/arco a tutto sesto , per un un’estensione minore, di volto/arco ribassato , avente rapporto tra freccia e luce dell’arco che varia, secondo necessità, tra un terzo e un decimo con tutte le frazioni intermedie.
La parte centrale, quella più alta, si chiama chiave (di volta) , le parti estreme, ove si appoggia l’arco, imposte . Si dicono reni dell’arco i punti intermedi fra le imposte e la chiave. Il volto si imposta sui pulvini di appoggio che sono quelle parti fatte in genere con materiale più duro e resistente. Sui volti ribassati i pulvini di appoggio sono sempre costituiti da blocchi in pietra di trachite. Particolare forma assumono i pulvini di appoggio nel caso dei ponti con arco obliquo, in quanto devono presentare correttamente la loro faccia d'imposta per accogliere l’inclinazione del volto in mattoni, che segue, come direzione, la luce obliqua del ponte. L’imposta dell’arco pertanto è costituita da vari blocchi prismatici di particolare sezione triangolare poggianti sulle spalle o sulle pile del ponte (in caso di ponte a più luci).
Prende il nome di spessore dell’arco la dimensione del volto misurata in direzione del raggio. Esso può variare diminuendo dall’imposta alla chiave, ove sarà minimo, oppure rimanere costante (a seconda del tipo di volto). Il prospetto del volto si chiama armilla che, a volte, per ragioni di carattere estetico, può assumere dimensioni diverse da quelle della sezione dell’arco nell’interno. Il volto è delimitato da due superfici cilindriche: quella inferiore detta intradosso e quella superiore detta estradosso .
La luce effettiva dell’arco è la distanza che intercorre fra i punti di intradosso delle imposte. La luce sarà obliqua se misurata secondo l’asse del binario, retta se normalmente alla direzione degli appoggi. La freccia effettiva è la distanza misurata sulla verticale passante per la chiave fra il punto di intradosso della chiave stessa e la congiungente i punti di intradosso delle imposte.
Sul volto, a partire dalle reni o da zone prossime alla chiave verso gli appoggi, si dispone il rinfianco in muratura, rifinito superiormente con un piano inclinato atto a far colare le acque che, raccolte in corrispondenza degli appoggi stessi, vengono di qui smaltite all’esterno. Sui rinfianchi viene stesa la cappa impermeabile, in genere di asfalto. Sopra la cappa viene disposto il riempimento di materiale inerte (scorie, ghiaia, pietrisco) per formare il piano stradale su cui appoggia il binario.
Per contenere il rinfianco e il riempimento si costruiscono alle estremità laterali del volto, parallelamente all’asse longitudinale, i muri di timpano che si collegano con i muri di timpano degli archi contigui o con i muri d’ala delle spalle. I muri di timpano sono generalmente di mattoni o di pietra squadrata o di calcestruzzo. Sopra i muri di timpano sono disposti i paraghiaia : cordoli in pietra, calcestruzzo o in muratura comune nei quali vengono annegati i sostegni dei parapetti metallici o di cemento armato o sui quali vengono appoggiati i parapetti continui di mattoni. Si dice coronamento quel cordolo sporgente rispetto al muro di timpano, che si trova in sommità di quest’ultimo sotto il parapetto.
Il ponte in muratura può essere corredato da muri di accompagnamento laterali aventi il duplice scopo di rinforzo delle spalle e di invito, per esempio, alla corrente d’acqua a defluire linearmente all’interno della luce, così da diminuire il pericolo che essa colpisca frontalmente i muri delle spalle e li scalzi alla base. Si dicono muri d’ala quelli costruiti in proseguimento delle spalle, ed hanno direzione normale oppure obliqua rispetto al fronte del manufatto. Essi hanno generalmente la parete esterna e interna inclinata con scarpa da 1/5 a 1/10 rispetto all'altezza, e parete interna qualche volta a riseghe (a gradini). Superiormente sono completati da una copertina in pietra o di mattoni posti di coltello. I muri d’ala terminano dalla parte opposta alla spalla, con i muri di risvolto , generalmente paralleli al muro di timpano. Anche il muro di risvolto, come il muro d’ala, può avere la parete esterna inclinata e quella interna a riseghe ed è completato superiormente dalla stessa copertina che prosegue dal muro d’ala. Il punto di innesto fra il muro d’ala e quello di risvolto in genere non è mai lasciato a spigolo vivo ma è smussato formando un prisma di muratura conico.
Un ponte di piccola luce si dice ponticello sott’argine quando quest'ultimo è costruito al di sotto del piano di posa della sede ferroviaria. In tal caso tale ponticello è priva di parapetto, terminando esso superiormente solo con il coronamento, sopra il quale vi posa la scarpata del terrapieno del rilevato, che si eleva fino al piano di posa della sede ferroviaria. Normalmente i manufatti sott’argine, come si è detto, sono tutti di luce abbastanza ridotta (ponticelli), ma presentano una larghezza ben superiore rispetto a quella della sede ferroviaria normale in quanto sono collocati più in basso, dove il rilevato è più largo.
La maggior parte dei ponti ferroviari in muratura della Ostiglia-Treviso sono costruiti con arco in mattoni, molto spesso a sesto ribassato, specie per le luci oltre i 2 metri. I muri di spalla, di timpano, i muri d’ala e di risvolto, sono costruiti tutti con il medesimo materiale: con pietra da taglio o con mattoni. Per le parti della struttura portante dell’impalcato sottoposte a maggiore pressione, come i pulvini d’imposta degli archi, si è fatto uso della più pregiata e costosa trachite euganea, una pietra durissima e molto resistente, pienamente adatta allo scopo.
Il coronamento è sempre formato da mattoni disposti a coltello, terminanti alle estremità con cantonali in pietra, su cui si innestano perpendicolarmente (eccetto il caso del ponte obliquo) le copertine dei muri d’ala. Il paraghiaia è realizzato con mattoni nel calcestruzzo.
Ad eccezione dei manufatti sott’argine, tutti i ponti presentano muri di parapetto in mattoni, costruiti sopra il coronamento e rifiniti superiormente con una copertina formata da mattoni disposti a coltello e cantonali in pietra.
La distanza fra i paramenti interni dei muri di parapetto, nel caso della Ostiglia-Treviso, era sempre di 5,50 metri per i ponti previsti per binario unico.
I muri d’ala si innestano lateralmente alle spalle del manufatto e presentano verticalmente sempre un'inclinazione, con scarpa variabile a seconda delle dimensioni del ponte; superiormente sono inclinati di 30°, in continuità con la pendenza della scarpata del rilevato ferroviario. La copertina del muro d’ala, eccetto nei ponti obliqui, termina sempre perpendicolarmente ai cantonali del coronamento ed è formata da mattoni disposti a coltello. Nei ponti di una certa altezza, dove la copertina del muro d’ala è lunga diversi metri, vengono collocati uno o più blocchetti prismatici, in pietra di sezione triangolare, per evitare che la copertina di mattoni con l'andar del tempo scivoli verso il basso seguendo l’inclinazione del muro d’ala. La copertina inclinata del muro d’ala termina inferiormente con un blocco prismatico di pietra, formante un settore circolare di 90° che crea continuità con la copertina del muro di risvolto.
Le fondazioni dei muri sono sempre costituite da blocchi di calcestruzzo di ampiezza adeguata, con profondità maggiore in corrispondenza delle spalle del ponte, poiché hanno il compito di sopportare il carico maggiore dell'arco.
Verso Treviso alcuni ponti hanno l'arco in cemento; infatti questo tratto ferroviario, costruito a fine anni trenta del secolo scorso e inaugurato per ultimo, presenta soluzioni costruttive più moderne, essendosi impiegato più spesso il cemento piuttosto che il classico mattone in cotto o la pietra da taglio.
In alcuni ponticelli, al posto dell’arco in mattoni, possiamo trovare l’impalcato costituito da una struttura piana a spessore costante, detta appunto piattabanda , in calcestruzzo armato. Detto impalcato sostituisce l’arco nella sua funzione di sostegno portante. La nomenclatura delle varie parti è in comune ai ponti ad arco. In alcuni ponticelli, quelli costruiti nella prima epoca della linea, al posto della piattabanda in calcestruzzo, si possono trovare delle travi costituite da blocchi di pietra. In questo caso il manufatto è chiamato ponte a lastroni .
L’impalcato in cemento armato, oltre che a piattabanda, può essere realizzato con una soletta portante sostenuta da travi in cemento armato, specie nei ponti di media dimensione. L’impalcato è così costituito da travi che, poste in senso longitudinale, poggiano sui pulvini (in questo caso di forma parallelepipeda) delle spalle. Le nervature sono collegate da due o più travetti secondari detti traversi. La parte formante l’appoggio della massicciata è costituita dalla soletta in calcestruzzo armato. Sopra la soletta viene disposta la cappa impermeabile. Anche in questo caso la nomenclatura delle varie parti è in comune ai ponti ad arco.
Quando il ponticello presenta una luce molto ridotta, al di sotto del metro, generalmente conviene costruire una struttura più semplice del ponticello ad arco, costituita essenzialmente da un condotto, di sezione circolare o ovoidale, costruito con mattoni o, ben più spesso, con un tubo di cemento. In questo caso il ponticello prende il nome di ponticello tubolare o tombino. Normalmente il ponticello tubolare, viste le ridotte dimensioni, è privo di muri d’ala laterali e la struttura si limita solo al muretto di timpano e al coronamento, talvolta anche ai muretti parapetto. Il tombino invece, sempre costruito sott’argine, ne è privo.
L’impalcato del ponte, anziché in muratura come visto finora, può essere costruito con una struttura portante in metallo; il manufatto è così costituito da travate metalliche e prende il nome di ponte in ferro o a travata metallica .
Le travate metalliche si definiscono:
La struttura delle travate può essere:
Nelle travate l’appoggio del binario avviene direttamente sulle membrature metalliche e non attraverso la massicciata.
Nella ferrovia Ostiglia-Treviso l’appoggio delle rotaie è sempre realizzato con dei longheroni di legno duro (quercia, nelle sue varietà rovere e cerro, faggio iniettato) disposti longitudinalmente sotto la rotaia e fissati alle membrature metalliche del ponte con interasse di 1520 mm. Va ricordato che questo tipo di posa è stato progressivamente abbandonato poiché, specialmente alle alte velocità, non garantisce la perfetta conservazione dello scartamento del binario.
La rotaia viene fissata, con i regolamentari organi di attacco diretto (piastre e caviglie), al longherone di legno, disposto nella direzione della rotaia, di circa 180mm di altezza per 300mm di larghezza. A sua volta il longherone viene sostenuto e fissato, mediante chiavarde passanti e squadrette di ritegno, alla struttura metallica sottostante.
Le giunzioni dei longheroni opportunamente tagliati (fig. 23), devono venire eseguite in corrispondenza delle strutture di sostegno (traversi), così che le estremità dei legnami risultino ben fissate. Le chiavarde hanno la testa foggiata a becco d’anitra , a martello ecc., oppure (fig. 24) parte del gambo in prossimità della testa, ha sezione di forma quadrata e sono dette chiavarde a sottotesta quadra . La porzione quadra di queste sporge dal gambo per cui le chiavarde, una volta collocate negli appositi fori pure quadri delle piastre, non possono girare mentre si avvita il dado. Da questo lato le chiavarde sono munite di rondella elastica , detta anche rondella Grower , ed eventualmente anche di copiglia , per impedire l’allentamento del dado e l’eventuale sua caduta.
I longheroni in legno sotto le rotaie sono fissati con le chiavarde passanti all’ impalcatura o impalcato metallico del ponte. Questo è costituito da un complesso di elementi metallici che, mentre sorreggono l’armamento, collegano e irrobustiscono le strutture principali e riportano su quest’ultime, il peso dei carichi. L’impalcato dunque è fissato sulle travi maestre o travi principali del ponte e assieme a queste costituisce vera e propria struttura portante del ponte. Le travi principali sono posate alle estremità sulle spalle in muratura, tramite gli apparecchi di appoggio , su cui grava tutto il carico del ponte.
Le travi principali possono essere a parete piena o a traliccio . Le travi a parete piena sono formate da laminati in acciaio collegati con delle piastre e delle squadrette a L mediante chiodatura e normalmente presentano longitudinalmente una sezione a T a doppio T (o ad H). Le travi a traliccio invece sono formate da più travi a parete piena collegate da più barre diagonali o montanti verticali, ognuna delle quali a sua volta può essere a parete piena od a traliccio.
La tipologia e la disposizione delle travi a traliccio caratterizzano il ponte, ne danno la fisionomia e sono in stretta relazione con la distanza degli appoggi, e dunque della lunghezza della travata, del ponte che si vuol costruire.
La struttura più semplice di travata adottata per i ponti ferroviari, di piccola e media luce, è quella a travi gemelle , un ponte a passaggio superiore in cui si utilizzano sostanzialmente 4 travi uguali a parete piena a doppio T (fig. 22).
L’impalcatura in questo caso è semplicemente costituita dai calestrelli, dei travetti trasversali aventi la duplice funzione di reggere il longherone di legno su cui è posata la rotaia e di rendere solidali due a due le travi maestre, tanto che agli effetti della resistenza si può considerare ogni coppia come un'unica trave. Delle squadrette con sezione a L o a T, dette di collegamento, sono disposte a croce di S.Andrea trasversalmente al ponte e fissano centralmente le due coppie di travi gemelle.
Il ponte a travi gemelle è completato lateralmente da altre squadrette formanti delle mensole, che sorreggono dei pannelli di lamiera striata, costituenti i camminamenti laterali. Alle estremità delle mensole laterali sono fissate delle sbarrette verticali sostenenti altre sbarrette orizzontali, di profilo a L che costituiscono i parapetti dei camminamenti del ponte.
La misura dell’altezza delle travi gemelle aumenta con l’aumentare della lunghezza della travata, per mantenerne la portata.
Il ponte a travi gemelle, da apprezzare per la sua leggerezza e semplicità, tuttavia presenta delle criticità quando la luce supera un certo limite, in genere oltre i 15 metri. Infatti la mancanza di una vera e propria impalcatura e il ravvicinamento delle travi maestre, diminuisce molto la stabilità trasversale dell’intera travata.
Per questo, oltre una certa lunghezza, si costruiscono delle travate a passaggio inferiore, in cui la struttura portante è costituita da delle travi laterali, in cui posa l’impalcatura di sostegno dell’armamento (fig. 30-31). Vi è quindi una doppia orditura, costituita da una prima serie di travi, dette lungherine o longoni disposte longitudinalmente al ponte, sopra le quali posano le rotaie tramite i longheroni di legno sopra descritti. Le lungherine insistono su una seconda serie di travi, più robuste, collocate normalmente alle precedenti e quindi trasversalmente al ponte dette, appunto per questo, travi trasversali o traversi . Quest’ultimi sono fissati alle travi principali dove scaricano il peso del ponte.
La parte più importante dunque della sovrastruttura è costituita dalle travi maestre o travi principali che, in definitiva, riportano sui sostegni tanto il peso del ponte quanto il peso dei carichi che questo è destinato a sorreggere. Nei ponti ferroviari le travi principali sono per lo più in numero di due, disposte lateralmente al binario, e si dicono pertanto fiancate o pareti , fatta eccezione per il ponte a travi gemelle sopra descritto.
Il tipo delle travi maestre, come già detto, varia a seconda della loro lunghezza: sino ad una certa lunghezza conviene per semplicità che siano fatte a parete piena , come il ponte a travi gemelle; aumentando la lunghezza, e quindi le dimensioni, conviene risparmiare il materiale, concentrandolo dove è necessario, ai fini della maggiore resistenza e togliendolo dove è esuberante; si ha cosi la trave a traliccio o reticolare .
Nelle travi a traliccio (fig. 32) si distinguono le barre di contorno , dette anche briglie o nervature o correnti che a loro volta si dividono in superiori ed inferiori , dalle barre di parete o di traliccio : queste ultime si suddividono in diagonali , se inclinate, e in montanti , se verticali; le due barre estreme, se inclinate, si dicono puntoni di testata o di estremità . Dove due o più barre concorrono tra loro si hanno i nodi della travata: qui si hanno delle piastre o dei piastroni di nodo che permettono l’unione delle diverse barre tra loro; si dice invece maglia lo spazio limitato da un contorno di barre, per lo più a forma di triangolo, di rettangolo o di quadrato.
Ai nodi delle travi maestre, che sono porzioni più rigide delle barre, vanno applicati i carichi e quindi le travi trasversali; se in tal modo nei grandi ponti le travi trasversali risultano troppo lontane tanto da richiedere degli impalcati di grandi dimensioni, si provvede ad avvicinarle creando degli altri punti di applicazione dei carichi, detti nodi secondari, mediante l’aggiunta di un reticolato minore ottenuto suddividendo la maglia con montanti e diagonali secondari e talora con altri sottomontanti.
Secondo la disposizione delle barre di parete si distingue il traliccio semplice a triangoli rettangoli o ad N , e quindi con montanti e diagonali (fig. 33a), il traliccio a triangoli isosceli (per lo più equilateri) detto anche sistema Neville o Warren (fig. 33b), il traliccio a croce di S. Andrea (fig. 33h) che può essere considerato come una sovrapposizione di due tralicci semplici.
Come si è detto tutti questi tipi a grandi maglie possono avere nel caso di grandi ponti, (fig. 33c, d, e) una seconda serie di barre, cioè montanti e diagonali, formanti un traliccio secondario . Si ha poi il tipo a traliccio multiplo detto anche a graticcio (fig. 33f) che si caratterizza dal numero di parti in cui una delle diagonali è suddivisa dalle diagonali dell’altra direzione; questo tipo di travata è tipica dei ponti ferroviari in ferro di dell’800 ma attualmente non viene più costruita preferendo le soluzioni b e c della fig. 33.
Nella sovrastruttura del ponte si notano ancora altre parti meno importanti ma non meno necessarie quali le controventature o strutture di controvento , i marciapiedi , i piazzaletti di rifugio , i parapetti , ecc.
I controventi sono delle barre (fig. 32 e figura sotto), disposte in piani orizzontali, che collegano diagonalmente le travi principali con i traversi in modo da costituire, nei detti piani orizzontali, delle altre travi a traliccio che contribuiscono a dare rigidità all’insieme della struttura.
Le barre di controvento fissate nelle briglie inferiori prendono il nome di controventi inferiori e tramite dei supporti verticali sono fissate anche centralmente alle longherine di supporto delle rotaie. In questo modo la struttura contrasta le forze di oscillazione orizzontale che si creano nella travata con le vibrazioni al passaggio del treno.
Quando la lunghezza del ponte (normalmente oltre i 35 – 40 metri) è tale da richiedere delle travi reticolari laterali molto alte è necessario unirne superiormente le briglie, per evitare che, vista l’altezza, al passaggio del treno si verifichino fenomeni di oscillazione e deformazione. Le briglie superiori così vengono unite utilizzando delle barre di controvento, che in questo caso si chiameranno controventi superiori .
Il complesso così costituito delle barre delle travi principali laterali, unite superiormente e inferiormente dai controventi, formano un’unica struttura molto robusta, chiamata per la sua forma a gabbia , o anche tubolare , tipica dei grandi ponti in ferro.
Le travate metalliche appoggiano alle loro estremità sulle spalle in muratura, o centralmente sulle pile nel caso di ponte a più campate, mediante degli apparecchi di appoggio o cuscinetti di appoggio . La distanza fra gli appoggi da una spalla all’altra e chiamata distanza fra i centri di appoggio o distanza fra i centri estremi di appoggio nel caso di ponte a più campate e dunque con più di due appoggi.
Gli apparecchi di appoggio alla loro base vengono affogati nel calcestruzzo su degli incavi ricavati nella pietra costituente il piano di appoggio della travata.
Gli apparecchi di appoggio possono essere di tipo fisso o mobile a seconda che vincolino saldamente il punto di appoggio della travata alla muratura della spalla, oppure ne lascino il libero scorrere nel senso orizzontale nella direzione del ponte. Questo accorgimento è necessario per permettere la variazione di lunghezza della travata, dovuta alla dilatazione termica dell’acciaio, al variare della temperatura ambiente.
Per i ponti di piccola e media luce di tipo a travi gemelle, l’appoggio è molto semplice ed è costituito da una piastra rettangolare che ha la sua superficie superiore leggermente curva su cui appoggia la trave a doppio T. Delle guide rettangolari laterali alla piastra tengono centralmente in sede la trave e ne permettono solo il movimento longitudinale al ponte per la dilatazione termica. Per il ponte a travi gemelle i cuscinetti di appoggio su ciascuna spalla sono ovviamente 4, uno per trave.
Per i ponti a travata reticolare gli apparecchi di appoggio sono più robusti, visto il maggior carico che devono sopportare, e, per i ponti a singola travata, si usa mettere da un lato gli apparecchi fissi, dall’altro quelli mobili, in modo che la travata, per dilatazione termica, si allunghi solo in una direzione (vedi figure sopra e figura 32). Nella linea Ostiglia-Treviso si è adottato come standard l’installazione degli apparecchi di appoggio fissi sulla spalle in direzione di Ostiglia e quelli mobili sulle spalle in direzione di Treviso. Per i ponti a più campate si installa l’apparecchio fisso nel punto di appoggio più prossimo al centro del ponte e quelli mobili alle estremità. Ad esempio per il ponte a tre travate sul fiume Brenta, si è scelto di installare gli apparecchi di appoggio fissi sulla pila in direzione di Ostiglia, e quelli mobili su tutti gli altri punti di appoggio, ovvero la spalla lato Ostiglia, la pila e la spalla lato Treviso.
L’apparecchio di appoggio delle travate reticolate è essenzialmente costituito da un cuneo a base rettangolare, con delle nervature di rinforzo laterali a sezione triangolare, costruito con un'unica fusione di ghisa piena (figure sopra). Il cuneo si incastra superiormente in un incavo, ricavato su un piastrone, reso solidale con la trave maestra mediante chiodatura. L’apparecchio di appoggio mobile è identico a quello fisso ma, anziché essere vincolato alla muratura della spalla, appoggia su dei rulli che ne permettono il movimento longitudinale al ponte. I perni dei rulli, alle loro estremità, sono vincolati da un’incastellatura mobile costituita da due sbarre unite da due chiavarde.
Nella ferrovia Ostiglia-Treviso le spalle in muratura dei ponti principali sono tutte costruite con una lunghezza tale da consentire il raddoppio della linea e quindi la posa di una seconda travata metallica; la lunghezza retta nelle spalle previste per il raddoppio è di 9 metri, nel caso di ponte con travi gemelle, e di 11 metri (o più fino a 14 a seconda del manufatto) nel caso di ponti a pareti reticolari, visto il maggior ingombro laterale che comporta questo tipo di travata.
In quest’ultimo caso l’interbinario previsto per il raddoppio della ferrovia, fissato in metri 3,60 in piena linea e nei ponti a travi gemelle, aumenta a metri 6,30 in corrispondenza dei ponti con travata reticolare.
La muratura delle spalle è costruita normalmente in mattoni, con il piano di appoggio della travata sempre costruito con blocchi di pietra grigia molto dura (trachite), opportunamente scalpellata e sagomata per darne la giusta forma in base al disegno tecnico del ponte da costruire. Gli spigoli delle spalle, o delle pile, possono essere, in alcuni casi, rinforzati ed esteticamente abbelliti con dei blocchi di pietra bianca, o comunque diversa dalla trachite, disposti in senso verticale e tagliati nella loro lunghezza a misure alterne.
Si dicono muri andatori , quei muri di risvolto della spalla che proseguono paralleli alla linea ferroviaria, aventi lo scopo di rinforzo della spalla e di contenimento della massicciata e del terrapieno che si approssima al ponte. Viene specificato il nome di muro andatore a sinistra o a destra linea , a seconda che si voglia indicare il muro andatore posto a sinistra o a destra della linea ferroviaria in direzione della progressiva chilometrica.
I muri andatori della spalla presentano sempre nel paramento esterno e interno una certa inclinazione di rinfianco, con scarpa variabile a seconda del manufatto, utile a contrastare la tendenza del muro a cedere verso l’esterno, spinto dal peso del rilevato e dalle vibrazioni al passaggio dei treni.
Il muro andatore termina sul coronamento, costruito con blocchi di pietra o con calcestruzzo, sopra il quale si posa il muro di parapetto in mattoni. Anche questo è abbellito e rinforzato superiormente da una copertina in pietra e alle estremità da cantonali della medesima pietra, tagliati nella loro lunghezza a misure alterne. Dietro il piano di appoggio della travata la spalla è completata da un muretto di mattoni, con coronamento in pietra o in cemento, chiamato muro paraghiaia , avente appunto lo scopo di contenimento della massicciata del binario all’interno della spalla. Il coronamento del paraghiaia è opportunamente sagomato in corrispondenza del binario per permettere il passaggio delle rotaie.
In alcuni ponti in ferro delle ferrovia Ostiglia-Treviso, le murature delle spalle o delle pile, anziché essere costruite completamente in mattoni cotti, presentano una struttura mista, formata da mattoni e pietra. Altri sono costruiti invece interamente in pietra da taglio.
Nel caso di piccoli ponti, la muratura è costruita con conci esagonali irregolari, che venivano tagliati e disposti in modo da combaciare perfettamente senza lasciare spazi vuoti; mentre gli angoli della spalla, sotto il piano di appoggio della travata, venivano sempre rinforzati e decorati con blocchi di pietra rettangolari disposti verticalmente a misure alterne.
Nel caso invece di ponti più grandi, le murature erano costituite da blocchi di pietra rettangolari, che dovevano essere accuratamente tagliati e lavorati con misure ben precise e già definite nel disegno tecnico in fase di progettazione, in modo da combaciare perfettamente.
Le travi metalliche venivano costruite sul posto, presso il cantiere del ponte, con delle piastre di acciaio forate che venivano serrate l’una all’altra con dei chiodi ribattuti. I chiodi prima di essere ribattuti venivano riscaldati in fucina. Le travate del ponte, durante la costruzione, erano sorrette da una complessa impalcatura di legno che permetteva inoltre agli operai di arrampicarsi verso le travi più alte per procedere con il lavoro. A lavori ultimati l’impalcatura di legno veniva completamente rimossa e si procedeva al collaudo statico e dinamico del ponte. Il collaudo statico del ponte consiste nel sottoporre il ponte ad un carico e alla verifica mediante misurazione della deformazione della travata. Per fare ciò bastava far arrivare dal deposito più vicino (Verona) due o tre locomotive a vapore (del gruppo 740) che, agganciate insieme, procedevano lentamente sopra il ponte fino a fermarsi al centro della travata. I tecnici effettuavano le misurazioni, che dovevano rientrare nelle tolleranze ammesse in base ai calcoli di progetto, e verificavano inoltre che, una volta tolto il carico sulla travata, il ponte tornasse alla normale deformazione sotto il proprio peso stesso. Successivamente le locomotive si allontanavano per riprendere poi la marcia verso il ponte ma questa volta a tutta velocità. Questo consentiva il collaudo dinamico che era oggetto di ulteriori verifiche da parte dei tecnici.